E’ in corso la trascrizione, da parte di alcuni studiosi, del processo di beatificazione di santa Rita del 1626. In vista della sua festa liturgica, ne riportiamo una breve sintesi. Il processo si svolse con grande rapidità. Il 20 ottobre 1626, a richiesta degli attori, il commissario Colangeli coi testi Giuseppe Berardi, vicario foraneo della collegiata di S. Maria di Cascia, e Alessandro Frenfanelli, pure lui protonotario apostolico di Cascia, andarono ad esaminare il corpo della Santa, che si conservava nella chiesa del monastero, ed il grande quadro che conteneva anche la descrizione pittorica di tre miracoli operati da Dio per intercessione della Santa dopo la sua morte. Osservate tutte le necessarie formalità giuridiche, il 20 ottobre incominciarono le audizioni dei testi e tutto il processo finì il 7 novembre 1626. Il 10 novembre 1626 si firmava il mandato di chiusura, promettendo di mandare a Roma la copia del processo. Il contenuto stesso del processo del 1626 non avrebbe avuto influsso diretto per la causa della Santa, ma ha assunto rilevante importanza il fatto dell’istruzione della causa, nella concessione del breve del 2 ottobre 1627 per il quale Urbano VIII concedeva il culto di santa Rita nella diocesi di Spoleto e nell’Ordine agostiniano; lo stesso si dica dell’altro breve del 4 febbraio 1628 per l’estensione del culto a tutti i sacerdoti celebranti nelle chiese della diocesi spoletina e degli Agostiniani. La storia dei processi di beatificazione e canonizzazione di santa Rita presentano un carattere piuttosto laborioso e anomalo. Le numerose interruzioni subite ritardarono di molto la canonizzazione. Tutto l’iter della causa si protrasse dal 1626 al 1900, cioè per ben 274 anni. Santa Rita non ha avuto uno storico contemporaneo che dopo la morte ne tramandasse la vicenda umano-divina, né ebbe un processo canonico in tempo utile per ascoltare testimoni de visu o quelli che avevano sentito da questi il racconto delle vicende e delle virtù. Tutto quello che sappiamo è che tempo del processo del 1626 era reperibile (ma non più oggi) un Codex miraculorum: pergamene nelle quali i notai, a cominciare dal 1457, avevano registrato di anno in anno i fatti meravigliosi che avvenivano al sepolcro di santa Rita. L’opera fu stampata a Perugia nel 1552; ci sono anche due Vite, tardive e per di più anch’esse irreperibili, scritte, a quanto si dice, da due agostiniani, O. Martini e G. Amici, e stampate rispettivamente a Siena nel 1593 e a Viterbo nel 1600. La prima biografia che possediamo, che è servita poi di base a tutte le altre, compresa quella dei Bollandisti (Acta sanctorum, Maii, t. IV, coll. 223-232), è dunque quella del Cavallucci del 1610. La biografia della Santa la possiamo ricostruire attingendo prevalentemente al processo canonico del 1626, che fu celebrato per preparare la beatificazione ufficiale, che avvenne due anni dopo a Roma, nella stessa chiesa di Sant’Agostino dove poco meno di due secoli prima, a un anno dalla morte della nostra Santa, Eugenio IV aveva canonizzato san Nicola da Tolentino. Beatificazione ufficiale, perché di fatto il popolo la venerava e invocava la Beata fin dai primi anni dopo la morte, in modo solenne e storicamente stabilito fin dal 1457. Ma le nuove regole ecclesiastiche esigevano un processo regolare perché il titolo fosse riconosciuto dalla Chiesa. A promuoverlo fu occasione propizia l’elezione a pontefice di Urbano VIII, che era stato vescovo di Spoleto e conosceva bene il santuario di Cascia; sua nipote Costanza Magalotti Barberini con lettera del 7 ottobre 1626 pregò il vescovo di Spoleto, mons. Lorenzo Castrucci, successore in quella sede di Maffeo Barberini, cioè Urbano VIII, di iniziare il processo per la beatificazione di Rita. L’iniziativa dunque partì insieme da Cascia e da Roma. Il processo aveva un duplice scopo: raccogliere ed esaminare tutta la documentazione del culto tributato a santa Rita fino a quel momento, e ascoltare i testimoni che potessero riferire sulla forma di santità e sulle eroicità delle virtù della Santa.
1626: un processo “lampo” per santa Rita
La storia della sua canonizzazione
AUTORE:
G. S.