Stato sociale necessario. Ma chi paga?

La stampa e le televisioni locali hanno dato un certo rilievo al confronto che si sta svolgendo in Umbria fra la Regione e gli istituti che gestiscono le residenze protette per anziani non autosufficienti, o più semplicemente case di riposo. La questione nasce per il fatto che nella maggior parte dei casi le famiglie non sono più in grado di accudire direttamente gli anziani non autosufficienti; non tanto per una difficoltà economica, quanto a causa dell’invecchiamento generale della popolazione; diciamo pure, più crudamente, perché nelle famiglie ormai ci sono più vecchi che giovani, o addirittura i giovani mancano del tutto. Sicché è sempre più frequente che si bussi alla porta di un istituto specializzato.

Nello stesso tempo, è acquisito nella coscienza collettiva il principio che la società debba farsi carico dell’accudimento degli anziani non meno di quanto si fa carico – con la scuola pubblica – della istruzione dei ragazzi. E si è acquisito anche il principio che l’anziano ospitato in una casa di riposo ha diritto a ben più del minimo indispensabile per tenersi in vita; gli si deve offrire anche una buona qualità della vita, con una assistenza completa e qualificata e con tutti i servizi opportuni per il suo benessere fisico e psichico. Con questi criteri mantenere una persona anziana in un istituto apposito è divenuto molto costoso; perché poi ci sono tutti quelli che in questi istituti ci lavorano e che hanno a loro volta i sacrosanti diritti che la legge riconosce ai lavoratori.

Non a caso il modello di Stato nel quale viviamo – bene delineato nella nostra Costituzione – si chiama “stato sociale” e si propone di esaudire i bisogni individuali di ciascuno. Ma in questo mondo non c’è nulla di gratis; perché, appunto, ci sono i diritti delle persone che hanno bisogno di assistenza, ma ci sono anche quelli delle persone il cui lavoro consiste nell’assistere quelli che ne hanno bisogno. Il tutto funziona abbastanza bene fino a che una collettività nazionale è in fase di crescita, dal punto di vista economico come da quello demografico; ma se il meccanismo rallenta o addirittura si ferma (è il caso dell’Italia da venti o trenta anni a questa parte), a un certo punto ci si accorge che le risorse sono divenute scarse e qualcuno dovrà fare sacrifici. Ma chi? È questa la domanda alle quale nessuno sa rispondere.

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