È inutile negare che la celebrazione della Giornata della Memoria della Shoah quest’anno assume un significato particolarissimo. Non vi sia nemmeno l’ombra di un’incertezza nella condanna dell’antisemitismo in tutte le sue espressioni! Oggi più che mai, occorre vigilare per arginare la vigliaccheria o l’ignoranza di ogni negazionismo. Così come bisogna continuare a mostrarsi inflessibili verso ogni discriminazione che si abbatte contro uno specifico gruppo sociale o etnico, religioso o nazionale.
La feroce guerra in corso a Gaza non solo non deve attenuare la condanna dello sterminio degli ebrei pianificato da Hitler e dal nazismo, semmai deve radicarci nella condanna di ogni violenza, specie quando è condotta su vasta scala e soprattutto contro una specifica popolazione, come in questo caso i palestinesi.
Se adottiamo il paradigma del dolore e dello sguardo delle vittime al di là della loro appartenenza, non possiamo che chiedere di cessare il fuoco. Sempre. “Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza” ci ricorda Liliana Segre. Ed è per questo che, proprio coltivando la memoria dello sterminio del popolo ebraico nei campi di concentramento nazisti, riterremmo una colpa grave voltarci dall’altra parte mentre si continuano a bombardare le case e la vita degli abitanti della Striscia di Gaza.
Dobbiamo esorcizzare dall’umanità l’idea della punizione collettiva a causa delle responsabilità e delle nefandezze inenarrabili compiute da un gruppo o per le colpe presunte che i suoi antenati avrebbero commesso. Come non ricordare a questo proposito il commento di Papa Benedetto al dialogo/intercessione di Abramo con Dio (Genesi 18)? “Il pensiero di Abramo, che sembra quasi paradossale, si potrebbe sintetizzare così: ovviamente non si possono trattare gli innocenti come i colpevoli, questo sarebbe ingiusto, bisogna invece trattare i colpevoli come gli innocenti, mettendo in atto una giustizia ‘superiore’, offrendo loro una possibilità di salvezza” (Benedetto XVI, udienza generale del 18 maggio 2011).
Ecco, trattare i colpevoli come innocenti per non correre il rischio di far cadere sugli innocenti la punizione destinata ai colpevoli. Gli ebrei ci sono cari per mille e mille ragioni, al punto da sentirli “fratelli maggiori”, secondo la bella definizione di san Giovanni Paolo II. Ma ogni vita ci è cara, perché custodisce e manifesta il palpito dell’universo intero, l’immagine stessa di Dio.