Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo sono dietro l’angolo. Dal 4 al 7 giugno tutti e 27 gli Stati membri voteranno. Dietro l’angolo vi sono però anche diversi modi di intendere l’imminente tornata elettorale. C’è chi giustamente la vede e la prevede come un’occasione per dare all’Europa ed ai suoi quasi 500 milioni di cittadini – attraverso l’unica istituzione comunitaria la cui composizione è dal 1979 decisa a suffragio universale diretto – la presenza che ancora stenta a farsi largo nei meandri legislativo-burocratici di Bruxelles. C’è invece chi la vede come l’ennesima occasione per usare l’Europa a fini interni, per ‘esportare’ e riproporre altrove beghe e diatribe partitiche nazionali. Si tratterebbe in questo caso di un’occasione perduta. E tale sarà purtroppo in molti casi. Il fatto di discutere in Europa anche di temi ‘domestici’ non è di per sé criticabile. A volte è addirittura necessario, per far meglio comprendere ai partner la reale situazione interna e le varie posizioni politiche in una determinata materia. Del resto, lo stesso Europarlamento è diviso, oltre che in Commissioni, anche in Gruppi politici, e le Delegazioni nazionali si inquadrano all’interno delle famiglie politiche europee. Parlare di casa propria risulta essere altresì doveroso se si pensa che i tre quarti delle leggi discusse e adottate a livello di Stati membri sono trasposizioni o adattamenti nell’ordinamento interno di norme comunitarie. Come per tutte le faccende terrene, il problema sorge quando si oltrepassa la misura, e di conseguenza si perde di vista la vera natura della rappresentanza parlamentare europea. Mutatis mutandis, situazioni analoghe sono all’ordine del giorno anche nell’ambito dello stesso funzionariato comunitario, ove spesso e volentieri posti chiave e di notevole, se non strategica, rilevanza si decidono senza tenere conto della dimensione europea dello stesso funzionariato. Se dopo la fine della guerra fredda, dopo gli allargamenti ad Est e agli inizi di una grave crisi economica mondiale con pochi precedenti, l’Unione europea resta per i partiti politici nazionali ed i loro esponenti una questione limitata agli affari interni’allora non si è capito nulla! Oggi più che mai vi è la doverosa necessità che la campagna elettorale per le elezioni sia giocata su temi genuinamente europei, quali la politica estera comune, la difesa dell’ambiente, l’immigrazione, la lotta all’esclusione sociale ed alle forme di nuove povertà, la promozione dell’assistenza socio-sanitaria per tutti, la libera circolazione delle professioni, il riconoscimento dei titoli, l’istruzione europea, il dialogo interculturale. Il rischio è che, al contrario, si (ri)propongano agli elettori dibattiti televisivi e comizi di vario genere tipici delle elezioni politiche, dove l’Europa diviene il pretesto introduttivo da archiviare in cinque minuti. In questo caso avremo ancora una volta perso il treno per Bruxelles (non lo perdono solo gli Stati, lo perdono i cittadini), e avremo anteposto pensieri e progetti di breve respiro a pensieri e progetti che possono dare all’Europa un futuro grande – quello ‘sognato’ anche dai suoi Padri fondatori – per se stessa, per i singoli Paesi e per il mondo intero.
Sprovincializziamo l’Europa
Si avvicinano le elezioni per il Parlamento Ue. Un'occasione da non sprecare
AUTORE:
Gian Andrea P. Garancini