Probabilmente ai nostri lettori importa poco o nulla che Roma abbia fallito il progetto di farsi designare come sede per l’Esposizione universale del 2030. Qualcuno magari pensa che sia giusto così, perché Roma è una città dove non c’è niente che funzioni in modo decente, neppure nella quotidianità più banale.
Sull’episodio però bisogna riflettere. Chi ha preso quella decisione, e come? È stata una votazione dell’assemblea generale di un organismo internazionale che si occupa, appunto, delle periodiche Esposizioni universali; conta circa 180 Stati membri, ciascuno dei quali ha un voto. Quasi una fotocopia di altre assemblee mondiali; come quella del Cio, il Comitato olimpico, quello che appunto decide le sedi delle Olimpiadi; e quella della Fifa, che decide dove giocare i Mondiali di calcio. E come l’assemblea generale dell’Onu, che decide o dovrebbe decidere sulla pace e sulla guerra (ma chi ha scritto lo Statuto dell’Onu è stato più furbo, e ha riservato le decisioni che davvero contano al Consiglio di sicurezza, che funziona in un altro modo).
Che succede in queste grandi assemblee? Che si vota a maggioranza, e ogni Stato – come detto – ha un voto, vale a dire che i voti di Barbados, di San Marino e di Nauru valgono come quelli rispettivamente della Cina, degli Stati Uniti e della Russia. Prima di discutere se questa regola è giusta o meno, vediamo come funziona in concreto. E lo abbiamo visto qualche anno fa, quando, fra la sorpresa generale, la Fifa ha assegnato i Mondiali di calcio del 2022 al Qatar, uno staterello di un milione e mezzo di abitanti, che calcisticamente vale zero, ma è incredibilmente ricco e così – dissero all’epoca i maliziosi – si era comperati uno per uno i voti di tutti gli altri staterelli, e anche di parecchi un po’ più grandi.
La stessa tecnica – sempre secondo i maliziosi – sarebbe stata usata dall’Arabia Saudita per avere l’Expo, e potrebbe venire usata per le future assegnazioni delle Olimpiadi e dei campionati di ogni genere di sport. Ma anche senza essere maliziosi, è facile pensare che, su 180 o 200 componenti di un’assemblea mondiale, i delegati dei Paesi meno potenti siano facilmente influenzabili e manovrabili da quelli ricchi e potenti. Dovrebbe rifletterci, chi vagheggia una democrazia planetaria dove nell’assemblea mondiale i delegati degli Stati votino a maggioranza.