Un dramma come quello dell’Aids merita un’attenzione globale per la persona. Lo ha ricordato Benedetto XVI, rispondendo ad un giornalista francese mentre era in viaggio per il Camerun. La domanda, in realtà, era un poco provocatoria, perché giudicava la posizione della Chiesa nei confronti del flagello dell’Aids come “non realistica e non efficace”. In realtà è tutto il contrario. “Penso” ha affermato il Papa “che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e anche invisibilmente, per la lotta contro l’Aids; ai Camilliani; a tutte le suore che sono a disposizione dei malati…”. Operatori in prima linea che affrontano il problema non con slogan pubblicitari, come quello che presenta il profilattico come rimedio sicuro, ma con una cura globale della persona. “Se non c’è l’anima, se gli africani non si aiutano, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di profilattici: al contrario, il rischio è di aumentare il problema”.
La Chiesa è convinta che la soluzione possa trovarsi solo in un duplice impegno. Il primo: una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovamento spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro. Il secondo: una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti; la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano visibili progressi. Si tratta di rinnovare l’uomo interiormente, di dare forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, di testimoniare la capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente nelle situazioni di prova. “Mi sembra” ha concluso Benedetto XVI “che questa sia la giusta risposta. La Chiesa fa questo, e così offre un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno”.
Questa è la posizione della Chiesa e questa è la forma d’intervento che sostiene: certamente è impegnativa, ma è l’unica capace di sostenere il peso del momento.
Contro il terribile flagello del virus, nulla possono i preservativi
A proposito degli echi suscitati da alcune parole del Papa sul problema dell’Aids, il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, precisa, in una nota, che “il Santo Padre ha ribadito le posizioni della Chiesa cattolica e le linee essenziali del suo impegno nel combattere il terribile flagello dell’Aids: primo, con l’educazione alla responsabilità delle persone nell’uso della sessualità e con il riaffermare il ruolo essenziale del matrimonio e della famiglia; due: con la ricerca e l’applicazione delle cure efficaci dell’Aids e nel metterle a disposizione del più ampio numero di malati attraverso molte iniziative ed istituzioni sanitarie; tre: con l’assistenza umana e spirituale dei malati di Aids come di tutti i sofferenti, che da sempre sono nel cuore della Chiesa. Queste – conclude il portavoce vaticano – sono le direzioni in cui la Chiesa concentra il suo impegno, non ritenendo che puntare essenzialmente sulla più ampia diffusione di preservativi sia in realtà la via migliore, più lungimirante ed efficace per contrastare il flagello dell’Aids e tutelare la vita umana”.
“Affermare ideologicamente che il Papa sta in qualche modo favorendo l’epidemia perché invita alla sessualità responsabile è veramente dire un assurdo, anzi è fare della mistificazione anche dal punto di vista scientifico” ha dichiarato a Radio Vaticana Gianluigi Gigli, già presidente della Federazione mondiale dei medici cattolici, parlando della sessualità responsabile sulla quale il Papa si è soffermato più volte. “È documentato ormai in tutto il mondo come, a seconda di dove si mette l’accento nella prevenzione dell’Aids, i risultati possono essere anche fortemente diversi” ha detto Gigli citando due esempi storici: “L’Uganda, dove la lotta all’Aids è stata basata appunto sul comportamento, sugli stili di vita, ha ottenuto traguardi significativi in termini di riduzione dell’epidemia. La Thailandia, dove ci si è basati solo sul profilattico, non ha ottenuto nulla: la situazione è addirittura, appunto, peggiorata”.
Tutto ciò, per Gigli, dovrebbe far riflettere “perché a parte ogni giudizio di ordine etico (se ci si limita solo al profilattico, la sensazione di ‘falsa’ sicurezza che esso dà) perché comunque c’è ancora un rischio di malattia che si mantiene, benché abbassato. Questo rischio viene tuttavia a moltiplicarsi a causa del moltiplicarsi dei rapporti che la falsa sicurezza stessa genera. Quindi, rapporti occasionali, rapporti promiscui”.