La Commissione regionale per l’educazione, la scuola e l’università (Cresu), in collaborazione con l’omonimo Ufficio diocesano, per il secondo anno propone tre incontri di riflessione e di confronto rivolti ai dirigenti, agli insegnanti e a quanti operano nel campo dell’educazione. Il tema dei tre incontri di quest’anno riguarderà l’evoluzione biologica e culturale dell’umanità. Quali sono i fondamenti della teoria evoluzionistica? Qual è la differenza tra l’uomo e gli animali? Con la comparsa dell’Homo sapiens non è forse vero che l’evoluzione culturale sopravanza quella biologica? Si può dunque ancora parlare di evoluzione in via di compimento? Abbiamo intervistato il coordinatore, prof. Giovanni Carlotti. A chi sono rivolti gli incontri? ‘Gli incontri sono rivolti a tutti coloro che operano nel mondo dell’educazione e della scuola, e vorrebbero costituire un luogo di confronto e approfondimento in cui mettere a fuoco alcune piste di lavoro per rendere effettiva un’alleanza educativa tra tutti i soggetti coinvolti. Quest’anno abbiamo scelto il tema ‘Evoluzione incompiuta” per due motivi. Anzitutto molti dei partecipanti dello scorso anno ci avevano segnalato un interesse verso l’approfondimento della tematica sulla origine dell’uomo alla luce di un corretto rapporto scienza/fede. Inoltre, proprio quest’anno si celebra il bicentenario della nascita di Charles Darwin ed il 150’della pubblicazione dell’Origine delle specie’. Dunque gli incontri saranno centrati sull’analisi delle teorie evoluzionistiche e sulle polemiche con i creazionisti o i sostenitori del Disegno intelligente? ‘Uno degli incontri, il primo, sarà dedicato proprio agli aspetti biologici dell’evoluzione della vita sulla terra. Avremo come relatore il prof. Carlo Cirotto, biologo dell’Università di Perugia, al quale abbiamo chiesto di chiarire gli aspetti scientifici dell’evoluzione umana e di porre i fondamenti epistemologici di un corretto rapporto tra scienza e fede a questo proposito. È certamente un campo delicato, in cui si rischiano spesso derive ideologiche ed invasioni di campo, sia da parte di alcuni scienziati che da parte di gruppi religiosi. Sarà dunque importante chiarire i termini di una corretta impostazione del problema, anche dal punto di vista metodolologico, perché sia possibile non confondere i piani e quindi evitare conflitti tra le conoscenze scientifiche finora disponibili e la visione biblica e cristiana dell’uomo. Nei successivi due incontri, guidati da un filosofo e da un pedagogista, vorremmo invece mettere l’accento sui tratti specifici della natura dell’uomo, l’unico essere vivente che abbia saputo affrancarsi dal meccanismo apparentemente casuale della evoluzione biologica, diventando artefice del proprio futuro. In qualche modo l’uomo è riuscito in pochi millenni ad adattare l’ambiente a sé ed a mettere in atto strategie di cooperazione e perfino di altruismo, capovolgendo le dinamiche evoluzionistiche basate sull’adattamento all’ambiente e sulla lotta per la sopravvivenza, con il dominio del più forte. Questo dimostra il prevalere del dato culturale su quello biologico nello sviluppo dell’umanità, e richiede una riflessione proprio sull’evoluzione culturale e su come le nuove generazioni si stiano trasformando in relazione alla percezione di sé, del mondo e della vita. Con una battuta, potrei dire che ci domanderemo come l’evoluzione culturale ci stia consegnando un Homo informaticus diverso dal più tradizionale Homo sapiens, e come questo debba riflettersi sull’impostazione educativa e formativa della scuola’. Questo è certamente importante per poter educare con successo generazioni di studenti in rapido mutamento.’Infatti, la percezione di molti insegnanti, soprattutto a livello della scuola secondaria e nell’università, è che la preparazione culturale e l’attitudine allo studio ed alla ricerca sia andata mediamente calando negli ultimi vent’anni, per cui si rischia appunto un arretramento culturale complessivo ed una sorta di analfabetismo di ritorno. Paradossalmente, dopo decenni di aumento della scolarità e dell’istruzione pubblica, siamo forse per la prima volta nella nostra storia di fronte ad una generazione di adolescenti culturalmente più deboli dei propri genitori. Non è anche questa una ‘mutazione’ di cui interessarsi tutti insieme per cercare di porvi rimedio?’