Brutto il patto con la Tunisia sul controllo dell’emigrazione

Il Governo sbandiera come un grande risultato l’accordo con la Tunisia sul controllo dell’emigrazione. Detto in termini molto approssimativi, è il bis degli accordi fatti tempo fa con la Libia. Noi (cioè l’Italia; e in questo caso anche l’Europa) verseremo una massa di denaro ai nostri vicini sull’altra sponda del Mediterraneo, e loro si impegneranno a bloccare sul loro territorio il flusso dei migranti dall’Africa subsahariana. Con quali metodi li bloccheranno, e cosa sarà di quegli sventurati, rimane nel vago. Ma si sa come le cose sono andate e vanno in Libia, e così si teme che andranno anche in Tunisia: prigionia, violenza, trattamento inumano, morte.

Il problema dell’efficacia di tali provvedimenti

La Tunisia ha la fama di essere un Paese civile, certamente più della Libia; ma il suo attuale regime politico non promette molto di buono da questo punto di vista. Inoltre la popolazione tunisina ha generalmente un atteggiamento ostile e razzista nei confronti delle popolazioni dell’Africa subsahariana, che sono quelle che alimentano le correnti migratorie.  Quindi, servirsi di questi metodi (che non è una novità di questo Governo) pone un serio problema morale. Al di là dei giudizi morali, c’è un problema ancora più grave, che è quello dell’efficacia. Chi si propone di fermare il fenomeno migratorio in genere ne sottovaluta la forza e le dimensioni. Ne abbiamo parlato altre volte.

Le cause dell’emigrazione dall’Africa subsahariana

Le cause dell’emigrazione dall’Africa subsahariana sono essenzialmente due. Le condizioni di povertà estrema (vi sono nazioni che presentano altissime percentuali di popolazione sottonutrita, priva di accesso assicurato all’acqua potabile e/o ai servizi sanitari). E la crescita demografica, che aggrava il tutto da un anno all’altro (l’intera Africa raddoppia la sua popolazione ogni venti anni). Noi, a casa nostra, siamo passati dalla società dei consumi a quella dello spreco. Si potranno mai fermare milioni di affamati che affrontano la traversata del deserto e poi quella del mare per sfuggire a un futuro di stenti? È come cercare di fermare un fiume in piena con le mani.

Bisognerebbe riprogrammare l’economia mondiale

Bisognerebbe avere la lungimiranza e la determinazione di riprogrammare, dal fondo, l’intera economia mondiale in modo da eliminare, quanto meno, le sperequazioni più gravi. Partendo dal concetto che l’umanità è una sola. Ma figuriamoci se può pensarlo gente che non accetta il principio di solidarietà neppure fra il Nord e il Sud d’Italia.

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