Diritti umani e corruzione: se c’è volontà politica, i risultati ci sono

Sergej Leonidovič Magnitsky era un avvocato russo che nel 2007 denunciò corruzione e frodi che toccavano vari esponenti della pubblica amministrazione del suo Paese. Si trattava di ispettori del fisco e di agenti di alto rango della polizia. Ma anche di magistrati, imprenditori e banchieri tutti in affari con le mafie.

Come nelle trame dei peggiori film fu arrestato lui e, detenuto in condizioni durissime, morì a 37 anni (2009) in un carcere moscovita.

Il Magnitsky Act contro corruzione e per i diritti umani

In suo onore il Congresso Usa intitolò a lui il Magnitsky Act (2012), una legge che prevede sanzioni particolarmente severe nei confronti di coloro che, anche fuori dagli Stati Uniti, si macchiano dei reati di corruzione o violazione dei diritti umani.

Sanzioni come confisca o congelamento dei beni, negazione del visto di ingresso, proibizione di svolgere attività commerciale….

Questa legge è applicata ad esempio da anni contro le multinazionali del tessile che utilizzano cotone proveniente dallo Xinjiang (Cina). In questa regione il popolo Uiguro viene forzatamente utilizzato per quei lavori in condizione di schiavitù.

Ultimamente sono stati requisiti 15 milioni di dollari di merce che, per l’80% proveniva dal Vietnam.

Quando c’è la volontà politica si ottengono risultati significativi a favore dei diritti umani.

Quel cotone è appetibile perché risulta di ottima qualità e costa poco.

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