Don Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ha aperto a Roma il convegno dei delegati diocesani (24- 27 novembre), affermando: ‘Mentre assistiamo a una crisi delle ragioni della solidarietà e dell’accoglienza, questa nostra sollecitudine per l’incontro, per l’unità dei cristiani, per il dialogo tra le religioni, acquista un rilievo inedito ed anche drammatico’. ‘Il panorama religioso (ed etnico, culturale e sociale) dell’Italia ‘ ha detto Battaglia – sta cambiando rapidamente. In Italia ci sono un milione e 200 mila musulmani. Quasi la stessa cifra di ortodossi (che stanno per superarli). Gli stessi immigrati protestanti stanno trasformando il mondo evangelico’. Alla luce di queste cifre, ‘l’ecumenismo non è più questione di rapporti storici con piccole minoranze o con i vertici, ma questione che investe le parrocchie e le diocesi. Questione di convivenza quotidiana, con le sue contraddizioni e le sue difficoltà, ma anche con la sua ricchezza’. Ha anche ricordato che in Italia, ‘ci sono circa 10 mila italiani convertiti all’islam, forse 100 mila simpatizzanti e praticanti buddisti, provenienti presumibilmente dal cattolicesimo’. Ed ha aggiunto che anche su questi temi ‘occorrerebbe riflettere di più’. Al convegno è intervenuto mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che ha messo a punto alcune questioni riguardanti il dialogo della carità e il dialogo della verità. Il dialogo ‘non si improvvisa’, ha detto: richiede ‘competenza e spirito di discernimento’, rifugge da ‘atteggiamenti ingenui’ e soprattutto non esime chi lo pratica di annunciare la propria fede. Riguardo al dialogo ecumenico, mons. Amato ha detto che ‘il dialogo della carità è fatto di accoglienza, di ascolto e stima reciproca. Sono convinto che le visite, l’amicizia, lo scambio dei doni riescono a diradare la densa nebbia dei pregiudizi storici e psicologici’ di cui sembra soffrire oggi il dialogo tra le Chiese cristiane. ‘I due dialoghi corrono su binari diversi, ma alla fine convergenti e procedono a due velocità. Il dialogo della carità è certamente più veloce, ma il dialogo della verità corre più sicuro e con frutti certi perché fa luce sul molto che ci unisce e chiarisce ciò che ancora ci divide’. Se nel dialogo ecumenico le Chiese hanno ‘una piattaforma comune e condivisa’, nel dialogo interreligioso questa ‘base non c’è’, pertanto – ha detto mons. Amato – ‘diverse sono le finalità dei due dialoghi’: ‘Scopo del dialogo ecumenico è il raggiungimento dell’unità dei cristiani nell’unica Chiesa di Cristo’. Finalità invece del dialogo interreligioso non è – ‘come alcune correnti teosofiche lasciano intendere’ – la creazione di ‘una religione universale, sincretistica, che riconosce un minimo comune denominatore presente in tutte le religioni’. Sconfinato è però l’orizzonte in cui si può autenticamente attuare il dialogo interreligioso: dall’azione per il raggiungimento della pace nel mondo, alla tutela della libertà religiosa, alla protezione della vita, soprattutto se indifesa. ‘È ormai indispensabile un incontro fraterno e riavvicinato con il mondo ortodosso, per poter aiutare questi nostri fratelli e sorelle ortodosse a vivere in pienezza anche nel nostro Paese la fede cristiana’. Lo ha sottolineato mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, aprendo una tavola rotonda dedicata all’Ortodossia in Italia, nella seconda giornata del convegno Cei dei delegati diocesani per l’ecumenismo. ‘Con l’Ortodossia – ha detto mons. Paglia – i legami sono davvero stretti, sia sul versante teologico che su quello pastorale e fraterno. Per di più, già dallo scorso anno, gli immigrati di fede ortodossa hanno superato quelli di religione islamica’. Segno concreto di collaborazione esistente in Italia è la consegna da parte del Governo italiano del palazzo che lo Zar fece costruire per i pellegrini russi che si recavano per adorare le reliquie di san Nicola. Alla consegna, che si terrà a Bari il 7 dicembre, saranno presenti il capo dello Stato italiano Giorgio Napolitano e il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad, capo del dipartimento Affari esteri del Patriarcato di Mosca. ‘L’augurio – ha detto mons. Paglia – è che l’Italia possa essere di esempio come parte di un’Europa in cui si vive con sapienza con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente’.