Onu e guerre. C’è bisogno di una forza diplomatica di pronto intervento

Quella del Sudan è una tregua senza tregua, ovvero le sospensioni dei combattimenti dichiarate a voce non reggono. Sembra quasi che la guerra che si è scatenata tra le due differenti fazioni sia esclusivo affar loro e che l’unico intervento esterno finora realizzato sia stato quello di mettere in salvo i residenti stranieri. Ciascuno i propri. In pochi giorni di combattimenti, le vittime si contano a centinaia e i feriti in migliaia, senza calcolare la carenza di beni di prima necessità e di assistenza sanitaria.

Lodevole la volontà da parte degli operatori delle Nazioni Unite di concordare corridoi umanitari e di creare le condizioni per fornire assistenza alla popolazione civile che conta il maggior numero di morti e di danni, ma non è possibile che ancora una volta la comunità internazionale debba assistere inerme allo scoppio di una guerra, in questo caso civile. Di una forza diplomatica di pronto intervento c’è bisogno. Così come di una forza di polizia internazionale che intervenga a contenere la violenza che si è scatenata per le strade delle più importanti città del Paese. Da tempo si sarebbe dovuto sottoscrivere questo patto di cessione di sovranità da parte di tutte le nazioni che compongono l’Onu.

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