Alle 10.30 di mercoledì 29 ottobre, senza batter ciglio, nonostante la piazza tumultuante, il Senato con 162 voti a favore, 134 contrari e 3 astenuti, ha approvato il decreto Gelmini n.137/2008. I giorni precedenti erano in atto, in tutta Italia ed anche nelle nostre città umbre, manifestazioni di protesta, sostenute da studenti, professori, dirigenti scolastici e famiglie. Le loro ragioni sono espresse nella maniera più intransigente dall’opposizione politica, che ritiene il decreto un drastico taglio alle spese per la scuola e l’università, senza un vero progetto di riforma, se non in settori molto particolari, come il voto in condotta e il maestro unico. Si doveva risparmiare una certa somma per alleggerire le casse dello Stato, e si sono decretati tagli qua e là senza criteri di merito che non fosse la questione economica. Anche le scuole paritarie, per lo più cattoliche, si sono lamentate dei dolorosissimi tagli che mettono in dubbio la loro stessa sopravvivenza. Questi tagli sarebbero la cartina di tornasole che la maggioranza fa scelte motivate solo da ragioni economiche. È bene subito chiarire che le ragioni economiche non sono di piccolo peso nella gestione di un Paese. Un vecchio cardinale diceva che la prima notizia che andava a leggere nei giornali al mattino – e non certo per interesse personale perché non giocava in Borsa – era l’andamento, appunto, della Borsa, perché da quell’andamento poteva capire come era la situazione e che vento tirava in giro. È tuttavia da valutare anche quello che dice la maggioranza, che non è composta da persone che non siano andate a scuola e non conoscano le esigenze dello studio e della ricerca. Insomma, nella maggioranza di Governo non ci sono soltanto economisti e ragionieri, ma anche docenti, giuristi e studiosi. E allora il semplice buon cittadino cosa deve pensare e dire? Chi ha ragione? Coloro che strillano perché con la riforma Gelmini viene affossato il futuro dei giovani, o quelli ivece che affermano di garantire un futuro serio ai giovani studiosi e meritevoli, mettendoli in guardia dai cattivi maestri che li spingono verso la ribellione e la violenza, come è successo nel Sessantotto?Quando la polemica è frontale (tutto il bene da una parte, tutto male dall’altra) viene il sospetto che la ragione non stia solo da un lato. Non è possibile che le cose stiano in questo modo. C’è da pensare che in questo benedetto Paese, che ha avuto i guelfi e i ghibellini, i bianchi e i neri, i capitalisti e socialisti, i fascisti e i comunisti, i cattolici e i marxisti, e anche Bartali e Coppi, non si riesca a fare una cosa senza litigare. Nella scuola, poi, non ricordo un anno in cui non ci siano state, poco dopo l’inizio dei corsi, manifestazioni, scioperi e occupazioni, non risparmiando nessun ministro dell’Istruzione. Forse è tempo di fare una riflessione seria, perché l’economia va male, e la coesione sociale è in crisi. È necessario un atteggiamento più responsabile, meno irridente e arrogante da parte della maggioranza, e meno intransigente e aggressivo da parte dell’opposizione. Tagli bisogna farne, lo spreco è enorme ovunque. È finita la stagione del consumo facile, per ragioni anche ecologiche. Ognuno s’impegni per la sua parte, con responsabilità e intelligenza, non dico per il bene comune, che è una meta troppo elevata, ma almeno per evitare il peggio per tutti.
Fronti contrapposti Ragioni e torti
Editoriale
AUTORE:
Elio Bromuri