Le monache Agostiniane di Cascia scrivono una lettera alle famiglie della diocesi. L’idea nasce dal ritiro spirituale che le coppie impegnate nella pastorale familiare hanno fatto a Cascia lo scorso mese di agosto. Le claustrali, su invito di don Sem Fioretti, direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale familiare, si sono inserite, con gioia e trepidazione, nel cammino di ricerca e approfondimento della vocazione matrimoniale. La base di tutto è santa Rita, modello da imitare. Di seguito, un estratto dell’epistola delle Agostiniane, la cui badessa è suor Maria Natalina Todeschini. Il primato di Dio. Possiamo subito notare come nella vita di Rita sia costante e fermo il primato di Dio. Dio è sempre al primo posto, sia nella gioia che nella sofferenza. Il dolore non scalfisce la sua fede. Ha ferma fiducia nel suo Creatore, e accoglie le vicende della vita tenendo alto lo sguardo. Rita riesce a trasmettere, con la sua vita, questo primato sia al marito che ai figli, proprio perché la sua fede è convinta. Anche noi se vogliamo trasmettere la fede dobbiamo prima viverla con convinzione, i figli non imparano dalle parole ma dai fatti… È molto importante che io approfondisca la mia conoscenza di Dio per crescere nell’amore. Come dice sant’Agostino: non si può amare ciò che non si conosce. Il Vangelo come scuola di vita concreta. Rita è una donna che ha costruito la sua casa sulla roccia della Parola di Dio, è una donna che ascolta e mette in pratica il Vangelo nelle scelte quotidiane. Il rapporto con il marito prima, e poi con i figli è illuminato dalla sapienza portata da Gesù, resa accessibile dal dono del suo Spirito. In fondo trasmette ciò che ella stessa ha ricevuto dai suoi genitori; riesce a farlo perché la fede ricevuta è divenuta in lei esperienza personale. Rita nasce in una società in cui la donna è poco considerata eppure, con la luce di Cristo, influisce moltissimo nella vita dei suoi cari e del paese in cui vive. Forse anche noi abbiamo bisogno di riscoprire il Vangelo come scuola di vita. Abbiamo bisogno di credere che solo vivendo il Vangelo con radicalità viviamo una vita felice. Noi facciamo fatica a parlare di Cristo, a manifestare apertamente la bellezza di essere cristiani, non solo con gli amici e conoscenti ma anche all’interno della nostra stessa famiglia. Con il marito e anche con i figli spesso non parliamo della nostra esperienza di fede, abbiamo uno strano pudore, viviamo la fede come un’esperienza che riguarda solo me e il Signore. Dobbiamo uscire da una fede individualista e aprirci all’altro per arricchire e arricchirci. Il Signore lo vediamo attraverso i testimoni autentici. La fede è come l’amore, non possiamo viverla da soli. L’eternità come meta da raggiungere. Oggi viviamo in una società che non si pone più le grandi domande dell’esistenza: Da dove vengo? Chi sono? Dove vado? L’uomo è frutto di un caso e va verso il nulla… Rita sapeva bene che veniva da Dio, riconosceva il valore della sua esistenza, il valore della dignità dell’uomo proprio perché creatura amata e desiderata da Dio dall’eternità e destinata alla vita eterna. Sapeva bene che il destino futuro dipendeva dalle scelte del presente. Il suo sguardo andava oltre la storia perché conosceva il disegno di Dio, ormai non più segreto grazie all’incarnazione del Verbo. Rita vive protesa verso il futuro eterno e così vuole che vivano i suoi perché l’amore vissuto in terra sia senza fine. E noi dove siamo diretti? Davvero crediamo nella vita eterna? Le nostre scelte quotidiane sono rivolte a ‘guadagnare’ il paradiso o mirano solo a vivere nel miglior modo possibile su questa terra? Aiuto i miei figli a guardare al vero futuro facendo attenzione a vivere bene quest’oggi, cercando di mettere in pratica il Vangelo, divenendo io stesso/a come Cristo, come ha fatto Santa Rita e tutti i santi?