Gli Amministratori umbri si interrogano sugli effetti dei famigerati ‘derivati’ sulla salute dei conti degli enti locali ed il Collegio dei revisori dei conti della Regione ha promosso un seminario, venerdì scorso. L’allarme scattato a livello nazionale ha risvegliato l’attenzione anche sulla situazione in Umbria. Le prime ‘scosse di avvertimento’ le avrebbero già sentite a Foligno, Terni, Baschi, Amelia, Alviano, Arrone, Guardea, Narni, Avigliano Umbro, Lugnano in Teverina, Stroncone, Polino, San Gemini e Orvieto, sebbene ancora non si conoscano le cifre degli investimenti in derivati. Ma la lista dei Comuni umbri e anche altri enti locali che non hanno saputo usare il sofisticatissimo strumento finanziario dei derivati potrebbe allungarsi. La relazione presentata dal presidente del Collegio dei revisori dei conti della Regione, Alfredo De Sio, al seminario di venerdì, mette qualche brivido addosso. Citando l’analisi svolta dalla Corte dei conti, riferita ad operazioni 2007, De Sio ha evidenziato ‘un ricorso al mercato dei derivati che, per quanto riguarda la Regione Umbria (16,93 per cento), è in linea con il dato nazionale (14,48 per cento), mentre per gli enti locali di piccola e media dimensione della regione l’incidenza è praticamente doppia: 52,72 per cento rispetto a quella rilevata a livello nazionale (29,13 per cento). Su 335 milioni di euro di debito complessivo a carico dell’Umbria, ben 253 (circa i tre quarti) sarebbero stati swappati in prodotti di ‘finanza creativa’, scrive ‘Sole 24ore’. Situazioni più critiche dell’Umbria, apparterrebbero, finora, solo alla Calabria e al Molise. Per questo motivo – ha concluso il presidente dei Revisori dei conti – abbiamo deciso di andare a fondo nello studio del fenomeno, sentendo gli amministratori locali che hanno fatto uso di questi strumenti’. Derivati? Né acqua santa, né diavolo. Però’Lo strumento dei derivati, in sé, non è ‘né buono, né cattivo’, hanno assicurato diversi esperti al convegno che si è tenuto venerdì scorso al palazzo del Consiglio regionale a Perugia. Se li si sa usare, sono meri strumenti di gestione del debito. Anzi, pure all’avanguardia. L’hanno ripetuto il professor Loris Nadotti (Economia degli intermediari finanziari) dell’ateneo perugino, il dottor Stefano Lazzeri della Direzione generale del debito pubblico del ministero dell’Economia e delle Finanze e la dottoressa Rita Arrigoni della sezione delle Autonomie della Corte dei conti. Però, adesso, i problemi ci sono. E grossi. Al punto che, in Regione, si spera pure in un’azione giudiziaria congiunta (una sorta di class action pubblica) da parte di alcuni Comuni umbri indebitatisi fino al collo, dopo la trasformazione di ampia parte dei loro debiti pregressi in prodotti derivati. ‘Se si creasse il precedente giudiziario, allora ci sarebbero buone speranze di salvezza’, dicono a mezza bocca nei corridoi della Regione. Ma davanti al giudice, naturalmente, occorrerebbe trascinare le banche che hanno venduto i prodotti derivati agli enti locali. Una bomba innescata per gli enti umbriSembra che in tutta l’Umbria solo un Comune, che ha voluto vederci chiaro e ha giustamente pagato un consulente di livello per gestire tali prodotti, stia ottenendo buoni risultati economici dall’uso dei prodotti derivati sottoscritti. Il problema è che tutti gli altri enti locali umbri non hanno avuto consulenti esterni, né tanto meno personale interno per capire che razza di ‘bomba innescata’ stavano per mettersi in casa. Quindi le scommesse costituite dai prodotti finanziari derivati – perché di questo esattamente si tratta ‘ stanno andando male. E non a caso, il 6 agosto scorso, con la legge 133 relativa alla manovra finanziaria 2009-2011, il Parlamento ha messo un brusco stop alle Regioni e agli enti locali, con il ‘divieto di stipulare contratti relativi agli strumenti finanziari derivati’. E l’Umbria non sa (ancora) il prezzo dei derivatiCosa si attende adesso? Per prima cosa, di conoscere quanti e quali siano gli enti umbri indebitatisi ancor più con i prodotti finanziari derivati, e per quali somme ognuno di essi si è esposto. Il 15 settembre scorso, a Villa Umbra, ci fu un incontro off limits per i giornalisti, organizzato dalla Scuola di amministrazione pubblica. Poi l’Anci ne ha organizzato un altro, il 19 settembre. Il 26 c’è stato quest’ultimo di livello regionale, a cui va il merito di aver definitivamente sollevato lo scottante problema in Umbria. Come ha dichiarato il dirigente del Servizio controllo del Consiglio regionale, Wladimiro Palmieri: ‘La Regione Umbria è stata la prima ad aver promosso un dibattito a livello istituzionale sulle problematiche degli strumenti finanziari derivati’ e ‘non è stato facile ottenere la partecipazione al seminario anche delle varie controparti, dalla Banca d’Italia, alla Corte dei Conti al Governo nazionale’. Nel frattempo, dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, di via Martiri dei Lager a Perugia, presieduta dal dottor Benito Caruso, affermano che i dati assoluti sull’indebitamento degli enti umbri tramite derivati sono ancora in fase di istruttoria e che quindi, non essendo stati deliberati dalla stessa Sezione, non possono essere ancora resi pubblici.
Effetti della ‘finanza creativa’ temuti anche in Umbria
I Comuni della regione hanno fatto ampio ricorso allo strumento finanziario dei 'derivati', senza troppe consulenze previe. E ora scoprono di aver innescato una 'bomba a orologeria' che potreb
AUTORE:
Paolo Giovannelli