Cattolici per un’etica pubblica

Acli nazionali a convegno a Perugia per riflettere sul tema 'Destra e sinistra dopo le ideologie'

Con la fine o la crisi delle ideologie, si sono certamente logorate le forme storiche dell’impegno dei cattolici nella vita politica italiana… le forme storiche, ma non le ragioni ideali di quell’impegno’. Siamo a Perugia, al convegno nazionale di studi organizzato dalle Acli, che si è aperto giovedì 11 al Centro congressi; e a parlare è il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, nel suo intervento di apertura. L’incontro nazionale dell’Associazione, che si tiene nel capoluogo umbro dopo oltre mezzo secolo dall’ultima volta, si concluderà sabato 13. Nel frattempo, le parole sulla politica pronunciate da Benedetto XVI dalla Sardegna (vedi articolo a pag. 8) capitano – come si dice – a fagiolo, e Oliviero le cita immediatamente: ‘È a questo che ci ha richiamato, come ad una sorgente viva, Benedetto XVI a Cagliari. Non si può ridurre il suo messaggio ad una richiesta di ‘ricambio generazionale’ o di qualche nome da aggiungere nelle liste per renderle ‘politicamente corrette’ dal punto di vista cattolico. Credo invece si tratti del riconoscimento e dell’apertura di una nuova fase storica, nella quale le nuove generazioni hanno una speciale responsabilità. È un invito che va oltre i confini del ceto politico, perché considera l’impegno nel sociale il luogo originario di una nuova stagione democratica e partecipativa’. Già, una nuova stagione, ma a partire da quali basi? ‘A me sembra – dice ancora Olivero – che insieme ai cosiddetti valori non negoziabili esista anche un genere di valori che hanno bisogno di essere governati per diventare sostenibili, e per i quali soprattutto ai cattolici non è consentita quella leggerezza che poi sfocia nell’indifferenza. Sostenibile o meno, ad esempio, è il valore della sicurezza sociale: allorquando dovesse diventare così preponderante da cancellare il valore dell’accoglienza degli immigrati e della tutela dei profughi, non sarebbe più accettabile’. In definitiva, una ‘politica dei due pesi e delle due misure non può condurre a quell’etica pubblica per cui si battono le Acli’. Il teologo milanese Franco Giulio Brambilla, nella relazione a seguire, sul tema ‘Cittadini degni del Vangelo’, mette anzittutto in discussione il concetto diffuso di carità. ‘Occorre dire in modo chiaro – sottolinea – che alla carità, nella specifica forma dell’amore del prossimo, va riconosciuto un rilievo politico. Certo, per comprendere questo rilievo bisogna superare l’identificazione frettolosa tra carità e cura del povero o degli ultimi. La carità è certamente tutto questo, ma non deve essere ridotta a questo. La carità deve riferirsi ai rapporti primari, alla forme elementari della vita, a quei modi di vivere che sono mediati dall’ethos, cioè da quelle forme con cui il desiderio si configura e sta al fondamento dell’alleanza sociale’. Un punto cruciale, secondo il teologo, resta quello della formazione. Qui la sfida è quella di ‘motivare e preparare un laicato che sia capace di un rapporto maturo con la fede e di scelte responsabili nel campo civile, sociale e politico. Ora, per favorire una formazione di base di questo genere, è necessario collocarla nei normali circuiti della formazione cristiana, e non situarla in percorsi singolari tali da configurarla solo per pochi specialisti. Certo – aggiunge – poi ci vorranno anche momenti di elaborazione specifica; ma, se saranno solo questi, finiranno per essere percepiti dalla coscienza cristiana come percorsi per gli specialisti della politica’. In definitiva, è in gioco il futuro del laicato. Al Convegno di Verona, ricorda Brambilla, ‘è emerso in modo chiaro che non si tratta più solo di fare una formazione per i laici, ma con i laici. Ciò significa che la loro coscienza e la loro presenza alle cose della città è un momento indispensabile del processo formativo, per saper leggere le situazioni, per comprenderle, per elaborarle, per operare un processo di discernimento’. Destra? Sinistra? Le sorprese del sondaggio Acli’Destra e sinistra dopo le ideologie. Democrazia rappresentativa e democrazia d’opinione’ è il titolo completo del convegno Acli di Perugia. Per l’occasione le Acli hanno realizzato un sondaggio che offre un’interessante fotografia dell’attuale atteggiamento politico degli italiani. Alla domanda: ‘Lei si definirebbe…?’, il 18,5% ha risposto: di centrodestra, il 17,1% di centrosinistra, e l’11% di centro. La sinistra ‘pura’ raccoglie il 13,1% dei consensi, contro l’8,6% della destra. Infine quasi un terzo degli intervistati, il 31,7%, ha dichiarato di non riconoscersi ‘in nessuna di queste definizioni’. Come si vede, i dati appaiono piuttosto diversi da quelli che lascerebbe presagire l’attuale sistema bipolarista. Inoltre, emerge una certa flessibilità. Per esempio, il 17,5% non voterebbe ‘mai’ un politico di destra, e il 15,2% mai uno di sinistra. Però, il 37,8% accetterebbe un uomo di destra ‘se è capace di risolvere i problemi del Paese’, e il 41,8% voterebbe, per lo stesso motivo, per un candidato di sinistra. Posizioni che da un lato riflettono la caduta delle rigide barriere ideologiche, in nome di un maggiore pragmatismo; dall’altro, lasciano intravedere quell”alternanza per disperazione’ che è diventata di moda in Italia. In ogni caso, questo non significa che le idee non abbiano più alcun peso. I criteri di voto risultano infatti così suddivisi: ‘Scelgo solo in base alle mie convinzioni personali (i valori in cui credo)’ afferma la percentuale maggiore, il 38,2%; quindi, ‘Scelgo il programma politico più efficace e concreto’ il 29,9%; ‘Scelgo candidati che siano espressione della comunità’ il 10,9%; ‘Scelgo i leader più carismatici e comunicativi’ il 9,6%; e ha risposto ‘Non saprei’ l’11,4%. Il bipolarismo, tutto sommato, affiora soprattutto dalla valutazione ‘ideologica’ che si dà a determinate parole. Ad esempio, per il 50,1% il termine ‘uguaglianza’ sarebbe di sinistra, mentre per il 54,5% il concetto di ‘federalismo’ sarebbe di destra. E la famiglia? Di sinistra per il 16,6%, di destra per il 30,6%, ma né di destra né di sinistra – giustamente – per il 52,8% degli interpellati.

AUTORE: D. R.