Evoluzionismo e fede

La questione suscita ancora oggi considerazioni contrastanti tra gli opposti sostenitori

Sempre più spesso sui mass media si leggono considerazioni su presunti, problematici rapporti tra evoluzionismo e fede, facendo intendere che il naturale sbocco del pensiero cristiano non possa che essere la teoria del ‘Disegno intelligente’, molto diffusa attualmente negli Usa e in espansione anche nel mondo islamico. Non c’è niente di più falso ed ecco il perché. Nella sua formulazione originaria il ‘Disegno intelligente’ è un movimento cultural-religioso che legge il racconto biblico della creazione come una teoria scientifica alternativa a quella dell’evoluzione; un argomento da trattare a scuola durante l’ora di scienze. Una posizione tanto grossolana merita di essere subito accantonata; non si possono trattare testi religiosi, per giunta antichissimi, come se fossero testi scientifici. Forse per evitare facili stroncature, viene più comunemente presentata una versione più debole, che è poi quella che le stesse parole di ‘disegno intelligente’ lasciano intendere: l’universo è il frutto del disegno di un’Intelligenza trascendente che, proprio in quanto causa della realtà materiale è da inserire nel discorso della scienza. Ora, che il mondo sia intelligibile è un dato di fatto su cui poggia lo stesso sapere scientifico, ma che tale intelligibilità sia connaturata alla realtà materiale oppure sia il frutto di una volontà divina estranea alla materia stessa, la scienza non è proprio in grado di dirlo. Per avere risposte attendibili si devono utilizzare altri strumenti di pensiero, quelli della filosofia e della teologia. Il ‘Disegno Intelligente’, anche nella sua forma morbida, non può quindi essere accreditato come teoria scientifica. La diffusione del ‘Disegno intelligente’ anche a casa nostra è il segnale preoccupante dell’estendersi di una confusione mentale che tende a mettere insieme in maniera indebita ambiti di conoscenza per loro natura diversi: la scienza, la filosofia, la teologia. Mescolare queste carte produce risultati catastrofici sul piano conoscitivo ed etico. Al contrario, l’incontro dialettico, rispettoso delle singole competenze, è l’unica via capace di garantire esiti positivi. E ce n’è già un certo numero. Il primo frutto che la teologia della creazione ha colto dal confronto con la scienza dell’evoluzione è stata la spinta a riconsiderare e approfondire il significato del racconto biblico, approfondendo l’opera iniziata da alcuni Padri della Chiesa già nel IV secolo (Agostino e Gregorio di Nissa, ad esempio). La bibbia non è un testo scientifico. Non dice come sono fatte le cose naturali – che siamo in grado di scoprire da soli perché sono alla portata della nostra indagine intelligente – ma dice qual’è il pensiero e l’iniziativa di Dio nei confronti della natura e dell’uomo. Ad esempio, la Genesi dice che il Creatore è rimasto soddisfatto della sua opera creatrice e in particolare di aver creato l’uomo. Se non l’avesse detto Lui, non saremmo mai riusciti a saperlo. Non tutti i punti del messaggio biblico, però, sono altrettanto facilmente ascrivibili al campo della teologia o a quello della scienza. In questi casi ambigui, il confronto tra i due saperi è imprescindibile e porta sempre frutti di purificazione per entrambi. Di tali casi si potrebbe fare un elenco piuttosto nutrito. Per ciò che riguarda la comparsa dell’uomo, ad esempio, è in discussione l’origine della sua capacità intellettiva. In questa problematica il pensiero teologico potrebbe trarre utili suggerimenti dalle nuove conoscenze sulle proprietà ’emergenti’ dei ‘sistemi complessi’ che la scienza va chiarendo, mentre la scienza potrebbe continuare a far tesoro delle profonde intuizioni teologico-religiose della tradizione biblica per inquadrare con sempre maggior precisione il ruolo dell’uomo in una natura in evoluzione. In quest’ottica di reciproco rispetto e collaborazione c’è speranza che possano trovare soluzione anche problemi spinosi, da sempre dibattuti e mai definitivamente chiusi. Cito, fra tutti, il problema del peccato originale. Sarebbe molto interessante rileggere questa verità di fede nell’ottica di un mondo che si evolve. Sono sicuro che se ne potrebbero trarre interessanti conseguenze sia sul piano conoscitivo che etico. Il cammino da fare è ancora lungo. Ma, bandendo chiusure preconcette su ambo i versanti, ho fiducia che possano essere fatti significativi progressi.

AUTORE: Carlo Cirotto