Non bastano i militari per sconfiggere la paura

Un’estate come questa forse in passato non c’è stata. In Italia ci sono i soldati che assicurano la tranqullità dei cittadini. È proprio vero, il governo non fa mancare nulla al popolo. Peccato che il sindacato della polizia non pare convinto. Ha dichiarato che non servono gli ‘effetti speciali’, ma rinforzi concreti specialmente per i servizi e gli interventi di notte. Noi, tuttavia, possiamo essere contenti perché auspichiamo un tempo in cui sia possibile la trasformazione delle forze armate in forze di polizia e di protezione civile, impiegate in opere socialmente utili, non essendoci più il pericolo di un nemico che attenta alla integrità territoriale e all’indipendenza nazionale. Questa è almeno la speranza. Oggi il ‘nemico’ è il vicino di casa, lo straniero che abita accanto al nostro appartamento, un clandestino che dorme all’aperto, il rom che si è sistemato una tenda in periferia, il tossicodipendente che chiede i soldi per la dose o scippa donne e anziani. In molte città, soprattutto nelle più grandi, non si può uscire la sera e la sensazione di insicurezza è elevata, sia per motivi oggettivi, sia per l’allarme suscitato dai mass media e utilizzato dai politici a scopi elettorali. Il dato oggettivo è fornito dal recente rapporto del Censis, secondo il quale, negli ultimi tre anni un terzo dei cittadini italiani ha subito uno scippo o un borseggio e il 31,9 % un furto in casa. Altra è situazione relativa alle morti per omicidio. Le statistiche dicono che questi delitti nel nostro Paese sono meno numerosi che nel resto dell’Europa e sono in calo (1.042 nel 1995, 818 nel 2000, 663 nel 2006), mentre aumenta la paura che è collegata, sempre secondo il Censis, alla presenza degli immigrati e dei clandestini. Pare che il gioco paura-speranza sia diventato una strategia politica anche in altre dimensioni quali l’economia e le relazioni internazionali. In posizione contro corrente alcuni pensano che un pericolo grave da temere sarebbe la perdita di un numero considerevole di immigrati impiegati nelle attività produttive del Nord. Nell’opinione pubblica, come si vede, c’è una specie di intreccio tra realtà e percezione, tra ricerca concreta di soluzioni e palliativi che lasciano il tempo che trovano o, come ha scritto Famiglia cristiana, fumo negli occhi. L’equivoco tra realtà e percezione si ravvisa analizzando le morti sul lavoro e sulla strada, di molto più numerosi degli omicidi: il doppio i morti sul lavoro e otto volte di più le vittime della strada. L’Italia è prima (ultima in verità) in Europa per le morti sul lavoro. Eppure ciò non sembra scalfire l’opinione pubblica. Si preferisce pensare che il pericolo viene da fuori, dagli altri, che non appartiene alla nostra responsabilità collettiva. In compenso, e a scanso di equivoci, gli italiani, oltre ad essere in fondo più felici di altri popoli, come hanno scritto alcuni sociologi, definendo questa ‘felicità’ ‘mediterranea e cattolica’, amano le loro città e il loro borghi urbani (Enrico Finzi, ‘Come siamo felici’, Sperling.&Kupfer). L’80% degli italiani vive bene nel proprio municipio e, se può, non cambia neppure casa. Potrebbe, forse, cambiare regione, come Leonessa, che chiede di venire in Umbria. Per noi sarebbe ben venuta.

AUTORE: Elio Bromuri