L’esperienza di quattro giovani volontari tifernati in Kosovo con un progetto Caritas

Dieci giorni in Kosovo per partecipare ad un progetto umanitario della Caritas: hanno rinunciato a qualche giorno di vacanza per essere vicini ai bambini e alle famiglie in difficoltà. Bella e significativa esperienza di quattro giovani tifernati, Elisa Lodovini 18 anni, Beatrice Novelli 25 anni, Martina Gnaspini 20 anni e Luca Nutrica 26 anni, che il 3 agosto scorso sono partiti per il Kosovo ed ospitati nella casa di Leskoc, vicino a Klina, fondata e sostenuta dalla Caritas Umbria.

L’attività svolta dai quattro ragazzi

In casa rimane sempre una coppia fissa dell’organizzazione, Rinaldo e Francesca che hanno sostituito i fondatori della struttura, Massimo e Cristina. “Le nostre attività principali erano di animazione ai bambini minorenni ospitati nella struttura – precisano soddisfatti i quattro volontari di Città di Castello che si sono aggiunti a giovani provenienti da tutta Italia – attività di disegno/tempere, creazione di braccialetti o collane di perline, giochi all’aperto, passeggiate e visite alla fattoria. Inoltre, tutti i giorni, un gruppo durante la mattinata e uno durante il pomeriggio, partiva per portare gli aiuti alle 100 famiglie sostenute dalla casa quali viveri, medicinali, vestiti o materiale scolastico per i bambini, beni di prima necessità, insomma. Oppure semplicemente portare avanti i bisogni della casa e quindi turni di cucina e pulizie varie”.

“Questa esperienza – proseguono, Elisa, Beatrice, Martina e Luca – è stata importante perché ci ha permesso di scoprire una realtà tanto diversa dalla nostra anche se ‘dietro l’angolo’. Ha lasciato spazio a tante riflessioni, domande che alimentavano il bisogno che sentivamo di aiutare, di metterci in gioco per il mondo, di essere utili e quindi sentirci profondamente vivi. Un’esperienza che è stata frutto del desiderio di fare qualcosa e farlo adesso perché, dice una canzone, ‘una è la realtà, ogni giorno c’è chi se ne va. Butto via di nuovo tutte queste mie certezze così stupide’.

Sono esperienze che aprono gli occhi e fanno davvero capire che le certezze sono alibi che creiamo per sentirci meglio ma poco distante da noi c’è un pezzo di mondo che va avanti così. Abbiamo conosciuto – concludono i quattro volontari di Città di Castello – realtà in cui i bambini non frequentano la scuola, e la paura più grande che ci portiamo dentro è pensare che invece che un futuro di speranza, fornito anche dall’educazione scolastica e dallo studio, continueranno vite prive di dignità portata via dalla crudele povertà in cui stanno crescendo”.