Ritornando al ’68, anche alla luce degli eventi che sono seguiti, emergono impressioni, valutazioni complesse e contrastanti. È stato un periodo di speranza; la sensazione che tutto ciò che non andava potesse essere affrontato e risolto. C’era energia, entusiasmo. C’era stato il Concilio, il boom economico, era in corso l’emancipazione di gruppi sociali (le ‘classi’, i giovani’), di interi Paesi (la crisi del colonialismo’). È stato un periodo di crisi e di contestazione delle autorità costituite; il ruolo dei genitori nella famiglia, le istituzioni (la sanità, in particolare la psichiatria), la scuola, l’università (le assemblee, il ’18 politico”.), i partiti politici, la Chiesa (atteggiamento critico verso le gerarchie, la crisi dei sacerdoti, la crisi di certi istituzioni come l’Azione cattolica’). Anche la Chiesa perugina, vista da un esponente dell’Azione cattolica, ha subito un intenso travaglio. Tutto ciò che non era in linea con la ‘contestazione’ appariva obsoleto, privo di interesse e di attrattiva; ricordo la crisi di vocazione di alcuni sacerdoti che ben conoscevo, la crisi dei gruppi giovanili parrocchiali e del gruppo diocesano di Azione cattolica, che perdevano progressivamente un ruolo propositivo verso i giovani. Mentre cominciavano a nascere altre realtà, più svicolate dal territorio come la Gioventù studentesca, che apparivano più consone alle esigenza di discussione, di spirito assembleare, di azione. È stato un periodo di miti e di utopie: la Rivoluzione comunista, le Guardie rosse della Cina, l”immaginazione al potere’, l’antiautoritarismo, lo spontaneismo… È stato un periodo di analisi originali, ma anche superficiali, ingenue, illusorie, false. È stato comunque un periodo di svolta che ha informato in maniera rilevante gli anni successivi fino a quelli odierni. Da un lato, rimangono in eredità alcuni aspetti positivi come la maggiore libertà di pensiero e di espressione, la possibilità di analizzare criticamente alcuni aspetti dell’assetto sociale ed istituzionale. Non mancano peraltro alcuni lasciti non positivi: la crisi delle istituzioni attuale è anche figlia delle contestazioni iniziate allora; la mancanza di fiducia e speranza, specie nei giovani, è anche il risultato nelle delusioni-illusioni di allora; la violenza, che si è manifestata specie negli anni successivi fino ad oggi, è anche la conseguenza di quel periodo; l’individualismo e relativismo imperante è anche il contrappunto dell’assemblearismo inconcludente e della presenza di idee forti, dominanti di allora. Il successo, il fascino di certe figure ‘carismatiche’ sono anche la risposta ad un certo antiautotitarsmo e contemporaneamente la perdurante tentazione ad affidare loro la risoluzione quasi miracolistica di problemi complessi. Il ’68 ha avuto un ruolo anche nella Chiesa? Grazie a Dio, la Chiesa, anche quella ‘visibile’, evolve secondo linee spesso imperscrutabili e che sono alla fine finalizzate al bene. In particolare, per quanto riguarda i laici, penso ad una correlazione tra il travaglio di quegli anni e i vari movimenti ecclesiali, che da allora hanno avuto un notevole sviluppo.
Cosa resta della contestazione?
Il '68 a Perugia/1 Il ricordo di un ex giovane. Che cosa significò, in particolare, per la Chiesa perugina?
AUTORE:
Sergio Biagini