Cosa porta nel cuore chi bussa alla porta

Si avvicina la festa di santa Rita. Come la vivono le monache di Cascia? E quali necessità spirituali raccolgono dagli innumerevolli pellegrini?

Il 22 maggio Cascia, la diocesi di Spoleto-Norcia, ma tutta l’Italia e anche il mondo si uniranno idealmente nella preghiera celebrando la festa liturgica di santa Rita, la santa degli impossibili. Giungeranno a Cascia migliaia di pellegrini, ma anche in altre parti del pianeta verrà ricordata la grande figura di colei che è stata sposa, madre e monaca. Parliamo della festa con suor Giacomina Stuani, del monastero di Cascia, lo stesso chiostro che fu di Margherita Lotti, l’umile donna di Roccaporena. Madre, ogni anno raccogliamo le testimonianze dei tanti pellegrini che salgono a Cascia per santa Rita. Ma come viene vissuta, invece, la festa della Santa degli impossibili in monastero? ‘Noi quel giorno siamo al servizio e a disposizione dei tanti pellegrini che arrivano da tutte le parti d’Italia e dal mondo. Quindi per noi il giorno della festa, potremmo dire, è il 23 maggio. Il 22 mettiamo a disposizione la nostra voce, la nostra persona a quanti bussano alla porta del chiostro. Nella preghiera ricordiamo questa grande Santa che attira, con la sua testimonianza di amore e con la sua vita umile, tantissimi devoti. Ed è proprio l’umiltà di Rita che può oggi dire qualcosa ai migliaia di fedeli che arrivano’. Ogni giorno dell’anno voi ricevete numerosi devoti, rispondete a centinaia di telefonate, smistate un’enorme quantità di corrispondenza. Ma cos’è che la gente chiede di più a santa Rita? ‘Percepiamo che la gente oggi ha un gran desiderio di essere ascoltata. Il mondo va ad una velocità talmente grande che c’è poco tempo per fermarsi e per ascoltare l’altro. Noi sentiamo fortissimo questo bisogno nelle persone. A santa Rita vengono chieste, poi, moltissime grazie, soprattutto per la pace nelle famiglie. Si rivolgono a lei numerose spose che desiderano enormemente diventare mamme. Noi suore siamo un po’ lo strumento del Signore per parlare con la gente, ascoltare i loro problemi’. Santa Rita e la carità. Sappiamo dell’Alveare che accoglie minori, ma ci sono altre attività? ‘La carità è come un piccolo rigagnolo che scorre sottoterra e che poi diventa fiume e viene alla luce. Ecco, noi intendiamo essere questa carità. Spesso riceviamo, nel nome di santa Rita, tanta provvidenza e beneficenza. Questa carità della gente, poi, noi la passiamo alle persone, alle associazioni, ai monasteri, alle missioni, a chi effettivamente ne ha bisogno. Una delle prime opere che la Provvidenza ha voluto facessimo attraverso la madre Fasce è appunto l’alveare, intitolato a santa Rita, che ogni anno accoglie le ‘apette’. Inizialmente erano orfane; adesso sono figlie di famiglie che vivono nella povertà e non riescono a far studiare i loro figli. Noi le accogliamo, ed è solo la Provvidenza che manda avanti questo istituto voluto dal Signore’.

AUTORE: Francesco Carlini