A margine del Festival internazionale del giornalismo, che si tiene a Perugia dal 9 al 13 aprile, abbiamo chiesto al prof. Paolo Mancini, docente di Sociologia della comunicazione all’Università di Perugia, una riflessione sulla qualità del giornalismo umbro. Il Festival internazionale del giornalismo, che si tiene in questi giorni a Perugia, può essere un’occasione per riflettere anche sulla qualità del giornalismo umbro? ‘Credo di no, perché questo festival non ha alcun contatto con la realtà locale: è una passerella di persone che vengono per dire la propria opinione e a fare turismo in Umbria. Il giornalismo umbro non è coinvolto in questa manifestazione. Fa eccezione la tavola rotonda, cui prenderanno parte giornalisti umbri, sul caso Meredith: un episodio avvenuto a Perugia, ma che poteva verificarsi in qualunque altra città del mondo’. Pensa però che il giornalismo umbro soffra della tendenza a privilegiare la cronaca rispetto all’indagine sui problemi sociali? ‘Sì. Il nostro giornalismo non indaga i problemi sociali perché è un giornalismo ‘povero’. Per fare indagini sui problemi sociali ci vogliono strutture, risorse, professionalità, competenze che il giornalismo umbro non ha’.Ci si può fidare di quello che scrivono dei giornali ‘poveri’? ‘Ci si può fidare, non avrei dubbio a dire di sì: non è detto però che sia un giornalismo scritto benissimo. Definendolo ‘povero’, non intendo accusare il nostro giornalismo: la mia accusa semmai è rivolta ad un contesto regionale poco attento a fornire le adeguate risorse al sistema dell’informazione locale’.È possibile costruire un giornalismo più attento alle fasce più disagiate della società? ‘Non credo che questo compito possa spettare al giornalismo nel suo complesso. È bene che qualcuno lo faccia, ma non possiamo chiedere ai giornalisti di fare una cosa che non spetta loro: non sarebbe giornalismo nel senso previsto nelle democrazie liberali. Il giornalismo è chiamato a rappresentare tutte le istanze: se scegliessimo di rappresentarne una sola, qualcuno prenderebbe le difese della parte avversa e finiremmo per creare tanti giornalismi in difesa dei tanti interessi particolari. Che è poi quello che è accaduto in Italia’.In che senso il futuro del giornalismo sta nella riscoperta delle opinioni? ‘Penso che il giornalismo della carta stampata tenda progressivamente ad allontanarsi dal modello informativo, perché ormai l’informazione si fa attraverso altri mezzi: televisione, radio, internet. Il giornalismo della carta stampata deve trovare un nuovo motivo di essere, che forse risiede proprio nelle opinioni. Uscendo il giorno dopo, il giornale deve offrirmi l’approfondimento, il commento, la valutazione, l’opinione. Ma oggi in Italia, più che un giornalismo di opinione, abbiamo un giornalismo di parte. La struttura della società italiana, la struttura dei rapporti tra politica, economia e giornalismo in Italia è tale per cui in questa realtà questo è l’unico tipo di giornalismo possibile’. Come dovrebbe essere il giornalismo locale per essere più efficace? ‘Io credo molto nel giornalismo locale, ma credo che in esso debbano essere concentrate più risorse: solo così potremmo avere un giornalismo con più investigazione, più indagine, meno legato ai gruppi di potere politici, economici, quindi meno legato alle fonti di informazione e ai comunicati stampa. Per fare tutto questo ci vogliono strutture e professionalità, e per avere questo ci vogliono risorse; la nostra regione è in grado di offrire queste risorse? È un dubbio che ho e che non so risolvere’.
‘Povero’ giornalismo
A Perugia il Festival 'internazionale' del giornalismo. Ma i problemi della stampa locale?
AUTORE:
Giulio Lizzi