All’indomani della Seconda guerra mondale, in un’Europa devastata, tre grandi governanti – l’italiano De Gasperi, il francese Schuman, il tedesco Adenauer gettarono le prime basi della futura Europa unita. Tra Francia e Germania c’erano state tre guerre in circa 70 anni (quella del 1870 e le due guerre mondiali), senza contare quelle napoleoniche e via via indietro nel tempo.
Ma alla fine avevano capito che era meglio per tutti mettere insieme le risorse e le energie per costruire una nuova Europa pacificata, piuttosto che farsi nuove guerre. Anche alla fine della guerra fredda – alla caduta del muro di Berlino – sembrava che prevalesse la stessa logica. In effetti, da allora fino al giorno dell’invasione dell’Ucraina, fra l’Europa occidentale e la Russia si erano fatti buoni affari, con vantaggio di entrambe le parti. Tant’è vero che tra i nostri problemi di oggi c’è la nostra dipendenza dalla Russia per le forniture di petrolio e gas naturale.
Ricchissimi capitalisti russi hanno acquistato imprese e proprietà immobiliari in tutta Europa. A questi rapporti economici non sono stati di ostacolo né che sia rimasta la Nato, né che siano entrati a farne parte quasi tutti i Paesi che erano stati “satelliti” dell’Urss. Nello stesso tempo la Russia ha investito in diversi Paesi dell’Africa per attirarli – pacificamente ma saldamente – nella sua sfera d’influenza politica e culturale, fra il disinteresse degli europei.
Spiegare quindi l’invasione dell’Ucraina come la reazione a un presunto “accerchiamento” sembra esagerato. Come spesso accade, la politica estera di un Paese risponde a esigenze di politica interna. Putin porta avanti una politica di potenza con le buone o – come in Ucraina – con le cattive, per consolidare in patria un potere che non ha nulla di democratico. Forse è questo il nodo che rende la Russia un interlocutore poco credibile intorno ai tavoli delle trattative. Molti invocano, giustamente, la diplomazia. Ma la diplomazia è una tecnica che presuppone una certa base di buona fede da entrambe le parti; ed è ciò che manca alla Russia di oggi.