Rappresentata già con successo in prima assoluta a Todi nel 2006 in occasione del VII centenario della morte di Jacopone, la riduzione scenica del Mistero di Margherita Chiaramonti Caporali è stata riproposta sabato 1’marzo nel duomo di Orvieto dalla compagnia teatrale dei Rusteghi, sotto la guida di Giorgio Mori. Il regista ha effettuato un adattamento dell’opera originale, in tre atti e cinque quadri, sfoltendo i personaggi e le masse sceniche e riducendo gli appesantimenti della complessa macchina teatrale, per adeguarla al corrente gusto del pubblico, senza tradire lo spirito devozionale e didascalico che ne ha ispirato la composizione, insieme alle altre sacre rappresentazioni di cui l’autrice curava l’esecuzione nelle chiese del territorio tuderte. Se lo spostamento dalla piazza (indicata nelle didascalie come luogo della rappresentazione) all’interno del duomo, in prossimità dell’altare maggiore, ha contribuito a sottolineare la finalità di culto, per le scelte della regia è risultato anche funzionale, nella riduzione in cinque quadri, seguire un andamento circolare che anticipava all’inizio parte della scena finale, con Jacopone morente nel convento delle Clarisse, la notte di Natale del 1306. In modo da condensare la vicenda precedente con un lungo flash-back della memoria in cui, prima di ‘inabissarsi d’amore’ in Dio, il frate rivede i momenti salienti della propria vita: la morte della moglie Vanna nel 1268; le stravaganti forme della sua ascetica penitenza, in seguito alla conversione, sullo sfondo delle vicende cittadine nello scontro di fazioni tra guelfi e ghibellini; le tentazioni demoniache, la prigionia e l’incontro con papa Bonifacio VIII. Così essenzializzato ad una cornice dove il protagonista parla prevalentemente attraverso i versi del suo Laudario, lo spettacolo ha ridimensionato anche l’apparato visivo, con il ricorso ad una scenografia solo allusiva. Determinanti per conferire agilità o movimento alla rappresentazione sono state quindi le coreografie e le musiche sacre e profane, oltre l’uso delle luci, cui in parte si è affidata la resa della cifra simbolica marcatamente presente nel testo. Che addirittura si è materializzata in scena come residuo di un ‘meraviglioso’ cristiano di ascendenza post-tridentina, nelle presenze soprannaturali, fra cui quell”angelo delle tenebre’ che suggerisce a Jacopone l’invettiva contro Bonifacio VIII, ma che ha anche conferito la misura dello specifico timbro religioso della sua autrice.
Jacopone torna a calcare le scene
Ripreso nel duomo di Orvieto il 'Mistero' della Chiaramonti Caporali, rendendolo più essenziale e ancora più suggestivo
AUTORE:
Gianluca Prosperi