Mentre mando questa pagina in tipografia, c’è ancora nebbia sull’elezione del Capo dello Stato, e non è il caso di azzardare pronostici. Tanto più che, comunque, la nebbia avvolgerebbe ancora il destino del Governo, della precaria maggioranza parlamentare e dello stesso Parlamento.
Peggio ancora, nebbia fitta anche sulle prossime elezioni politiche, previste per la primavera del 2023, se non saranno anticipate. In questo mare di incertezze, per toglierci ogni serenità incombe su di noi anche l’ombra di un referendum che potrebbe essere drammatico. Si tratta del referendum promosso dagli ultimi (per ora) epigoni del radicalismo di Pannella, per ottenere la piena legalizzazione dell’eutanasia. Ma presentarlo così è fuorviante per più versi.
Già la legge 219 del 2017 consente al malato di rifiutare un trattamento necessario per la sua sopravvivenza, incluse la nutrizione e l’idratazione se effettuate per via artificiale; e consente a chiunque di fare in questo senso un cosiddetto testamento biologico, da far valere in caso di una futura malattia. Inoltre, la Corte costituzionale, con una sentenza del novembre 2019 (caso Cappato) rende lecito cooperare al suicidio di chi è tenuto in vita artificialmente mentre soffre di una malattia irreversibile che gli procura sofferenze insopportabili.
Sommando fra loro i dispositivi della legge del 2017 e della sentenza del 2019 – e prescindendo qui dalle problematiche morali – il problema sembrerebbe risolto in modo accettabile da chi sostiene il diritto del malato grave di porre termine alla sua sofferenza – e con essa alla vita. Ma a quanto pare ai promotori del referendum questo non basta. Se il referendum passasse, diventerebbe lecito a chiunque uccidere una persona alla sola condizione che questa gli abbia chiesto di farlo, non importa per quale motivo e in quali circostanze. Sarebbe escluso solo il caso che la persona che chiede di morire sia minorenne, incapace o drogata; oppure che vi sia stato inganno o costrizione.
E’ probabile che il referendum non si faccia, perché il quesito deve ancora essere vagliato dalla Corte costituzionale. Ma se si andasse a votare bisognerebbe avere chiara la gravità delle implicazioni.