La Voce incontra Antonio Campanile, presidente dell’Associazione industriali della Provincia di Perugia, nel suo studio. Dal 10 luglio scorso, Antonio Campanile è presidente dell’Associazione industriali della Provincia di Perugia (circa 1.100 aziende associate), di cui suo nonno fu uno dei fondatori nel ’44. Campanile, classe ’45, laureato in Chimica all’Università di Perugia, nel 1974 iniziò a lavorare nell’azienda di famiglia, la Saci sas di Ponte San Giovanni (settore chimico), leader nella produzione e commercializzazione di detergenti e prodotti per l’igiene e la manutenzione dell’ambiente domestico. Dal 2000 è presidente del Consorzio di garanzia collettiva fidi di Confindustria Perugia, che sostiene le piccole e medie imprese nell’accesso al credito, offrendo garanzie alle banche convenzionate. È inoltre presidente del consorzio Perugia Energia, costituito nel 1999 tra oltre 100 aziende di Confindustria Perugia per garantire alle imprese significative riduzioni dei costi energetici, e consigliere di amministrazione della holding Intesa Casse del Centro. Un signore distinto, dotato di un ottimo senso di autocontrollo. Però si infervora quando parla di ‘morti bianche’, argomento tornato prepotentemente alla ribalta dopo la tragedia alla Thyssen-Krupp torinese. Che fare? ‘È un fenomeno da controllare in maniera ferrea, però la classe industriale sta subendo un danno d’immagine troppo forte. In Umbria non si può parlare di cinismo da parte dei datori di lavoro, cosa che ci offende. Da noi esiste un rischio comportamentale – sia da parte del datore di lavoro, sia da parte del lavoratore – molto più alto che in altri Paesi europei, quasi che gli italiani vi siano storicamente e culturalmente ‘portati’. Come Confindustria provinciale, già disponiamo di ingegneri che fanno gratuitamente il check up sicurezza alle nostre aziende associate e, nel 2008, ci confronteremo periodicamente sulla prevenzione infortuni’. Soddisfatto dell’andamento dell’anno appena trascorso? ‘I risultati ottenuti dalle imprese dell’Umbria nel 2007 sono più che confortanti. Anche se il consuntivo del mese di dicembre rischia di far sembrare brutto un anno buono. Lo sciopero dei camion e i passi appenninici bloccati dalla neve hanno rallentato il lavoro di tante imprese’. Quali i risultati migliori del 2007? ‘Innanzitutto l’occupazione, con 7.000 posti di lavoro in più rispetto al 2006. E l’export ha avuto numeri più che lusinghieri. Molte aziende praticano poi un’innovazione e una ricerca ‘fatta in casa’, fondata sul learning by doing (imparare mentre si fa), che però funziona e che è anche alla base del valido processo di internazionalizzazione delle imprese umbre’. Tutti questi posti di lavoro in più sono certo un bel risultato. Che tipo di contratti fanno le imprese umbre?’La distinzione fra contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato oggi ha senso fino ad un certo punto. Il lavoro a tempo determinato deve essere retribuito opportunamente, magari più di quello a tempo indeterminato, con tutti gli obblighi contributivi e fiscali assolti. Piuttosto noto che, accanto al bisogno di manodopera straniera, nelle aziende umbre i nostri laureati si ritrovano a lavorare da tecnici e i nostri tecnici a fare dei lavori manuali. Questo è un grosso problema, poiché i lavoratori non si sentono pienamente realizzati’. Quali scenari per il 2008? ‘Il nuovo anno sarà piuttosto difficile. Ci sarà una ripresa dell’inflazione, soprattutto da materie prime. A causa del rincaro del petrolio e dell’energia, i prezzi tenderanno ad aumentare nel corso dell’anno’. Ci sarà la crisi dell’imprenditoria edile umbra? ‘Di certo la spinta ‘del terremoto’ è finita. Le opere pubbliche sono state completate, dunque una frenata ci sarà. Già la produzione di calcestruzzo e di altri materiali è rallentata’. Chi, invece, andrà bene? ‘Il turismo potrebbe ancora dire la sua, accanto a chi saprà esprimere qualità, valorizzare un marchio e sarà capace di innovare’. Dove le aziende umbre, alcune delle quali fortemente energivore, dovrebbero trarre la loro energia futura? ‘Di certo, l’Umbria deve sviluppare un suo piano energetico, prima possibile. Non puntando sull’energia prodotta da colture – che rischierebbe di compromettere il nostro ambiente e quello dei Paesi del Sud del mondo – ma sull’eolico e sul solare. Vanno sfruttati a fini energetici i rifiuti solidi urbani, visto che l’ingegneria chimica può eliminare ogni impatto ambientale, come avviene altrove in Europa e nel mondo. A Bolzano esiste un bellissimo inceneritore, il cui lavoro è controllato 24 ore al giorno dai tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente. Non vedo perché non si possa fare anche in Umbria’. È soddisfatto del rapporto fra politica e impresa? ‘I tempi della politica non sono quelli dell’imprenditoria. Avviene in Umbria, ma è un fenomeno tipicamente italiano. La macchina amministrativa deve guadagnare in efficienza, l’erogazione degli stanziamenti destinati alle imprese va accelerato. Però, complessivamente, siamo soddisfatti della politica fatta dalla Regione Umbria per l’impresa, specie per la costruzione di reti di aziende e per le politiche sull’innovazione e la ricerca’.
Dove si impara a fare sviluppo
Intervista al presidente dell'Associa- zione industriali della Provincia di Perugia sui possibili scenari dell'economia umbra nel 2008
AUTORE:
Paolo Giovannelli