Con l’immancabile corona d’alloro sul capo sfilano i giovani, soprattutto le giovani, attraverso la piazza IV Novembre; girano attorno alla fontana maggiore e si dirigono in corso Vannucci con l’allegro codazzo di amici e parenti, per poi infilarsi in un bar o in un ristorante del centro a festeggiare la laurea. Negli antichi palazzi che ospitano le facoltà di Lettere e filosofia e di Scienze della comunicazione e altre, c’è un via vai di giovani allegri e spensierati. Per nulla intimoriti o frastornati, almeno apparentemente, sono tornati anche nelle discoteche e nei pub, dopo le incertezze dei primi giorni a seguito del tragico assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher. Solo la piazza dove normalmente avviene lo spaccio di droga, dopo la puntata di Porta a Porta che ha messo a nudo la disinvoltura e la disinibizione totale nella compravendita di sostanze, è rimasta vuota. Per un po’. Si ha l’impressione, tutto sommato, che le cose rimarranno come prima. D’altra parte il delitto si è consumato nella dimensione privata di un appartamento, fuori da ogni sguardo e controllo pubblico. Ciò che non è cessato è il bombardamento a tappeto dei mass media sulla città, il suo stile di vita e le sue istituzioni.
Sembra che sia stato sollevato il “velo di Maya” dell’illusione collettiva e sia venuto alla luce lo squallore di una umanità corrotta e ipocrita, come accadde al giovane principe Gotama divenuto poi il Buddha. Agli occhi dei giornalisti piombati da ogni parte, è apparsa una realtà cittadina e giovanile orrida a vedersi. Dopo l’efferato delitto, era abbastanza comprensibile che i mass media avrebbero elaborato un’ipotesi, la più plausibile, e cercato di documentarla. L’ipotesi di una società corrotta e trasgressiva, dove è maturato un delitto a dimensioni internazionali a base di droga e sesso. D’altra parte gli amministratori, i responsabili del turismo e delle istituzioni hanno sentito il compito e la responsabilità di difendere la città, i suoi abitanti e i suoi ospiti, soprattutto i giovani, come brava gente in tutto e per tutto uguale a quella che vive nei paesi e nelle città di ogni parte d’Italia e del mondo. Ammettendo che vi sono momenti, nelle storie dei singoli e delle collettività, più o meno felici, in cui possono essere compiuti imprevedibili e insospettabili delitti.
Notando che nessun abitante della città è coinvolto nell’assassinio della giovane, per capire, ci si deve interrogare sulla popolazione studentesca, una massa di più di 40 mila giovani, in continua mobilità, da ogni parte del mondo e d’Italia, portatori di culture, mentalità, stili di vita eterogenei. Perugia ha una lunga storia di questo tipo, una storia importante e di cui va giustamente fiera. Sul modo di accogliere e integrare queste persone, si è discusso molto da circa cinquant’anni, ma l’interesse economico è prevalso su altri parametri di giudizio. Iniziative sono state prese, in modo particolare da parte della Chiesa locale, sotto il profilo del dialogo e dell’accoglienza (per esempio l’Ostello di via Bontempi e le case della Caritas). Quello di cui ci si deve rammaricare è che sia stata data una risposta in cui la città è stata considerata un palcoscenico per eventi eccezionali, anziché mettere in evidenza le ricchezze culturali della tradizione. Vi sono stranieri che rimangono in città senza conoscere e visitare la Galleria d’arte e senza sapere chi era il Perugino. Si è interpretata la modernizzazione culturale strizzando l’occhio al superamento dei cosiddetti tabù, insistendo sulla libertà e liberazione dai comportamenti del passato. La forzatura delle notti vissute in pienezza con la birra come motivo di omologazione e socializzazione ha potuto allentare i necessari freni di controllo dei comportamenti e veicolare l’idea che a Perugia si può fare di tutto e si può trovare ogni occasione di sballo e di soddisfazione. Nessuno ha detto queste cose esplicitamente, ma è come se si fossero respirate nell’aria. D’altra parte la spinta ad aprire varchi di secolarizzazione e dissacrazione senza riserve è sintomatico di certi messaggi televisivi, dove ad esempio si usa l’Alleluja del Messia di Haendel come colonna sonora dell’apertura dei pacchi nella trasmissione Affari tuoi. Un vero sacrilegio, per una musica scritta ed eseguita per celebrare la Risurrezione. La banalizzazione della vita, dalla mancanza di percezione delle differenze tra sacro e profano, tra bene e male, tra utile e dannoso spiega in parte il cammino involutivo cui è spinta la gioventù. E ciò, purtroppo, avviene anche in una città consacrata da secoli alla cultura alta e raffinata come Perugia, la cui Università nel 2008 celebra sette secoli di storia.
Con tutto ciò, non possiamo dimenticare che vi è una faccia della nostra realtà che non solo non fa paura, ma affascina ancora i suoi abitanti per la permanente ricchezza di arte, storia, ambiente e cultura, religiosa e laica, che in essa vive, sostenuta da persone che non fanno gli interessi di partito o di alcune consorterie, ma si spendono disinteressatamente per il bene di tutti. Il famoso bene comune in cui almeno i cattolici credono senza riserve.