Corresponsabilità

Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato sicuramente, come da tutti ammesso, una pietra miliare nel cammino della Chiesa dell’ultimo secolo del secondo millennio. Alcuni vi hanno anche visto uno spartiacque tra due Chiese: quella pre e post conciliare. Il Santo Padre ha più volte ribadito che la Chiesa è una e fedele alla sua identità, sia prima che dopo il Concilio; del resto da essa stessa voluto e realizzato.

È pur vero che alcune novità del Concilio sono state recepite e attuate più rapidamente di altre, e che certamente è stata privilegiata la riforma liturgica, poiché in questo campo erano forti le attese. C’era un popolo ancora numeroso che affollava le chiese nelle domeniche e nei giorni di festa, ma era privato della comprensione dei riti e soprattutto della ricchezza della Parola di Dio.

La riforma liturgica non ha soltanto introdotto la lingua italiana, ma ha anche riproposto con abbondanza la Parola di Dio come guida, cibo e nutrimento dei fedeli. I parroci hanno accolto con grande zelo la rinnovata liturgia, adattando alle nuove esigenze i presbitèri delle chiese, non senza qualche conflitto con le autorità competenti alla tutela dei monumenti, acquistando i nuovi testi in lingua italiana, introducendo le chitarre e i tamburi al posto degli organi e degli armonium. Ma tutto questo fu, in molti casi, soltanto un fatto esteriore, poiché le modifiche non furono sempre accompagnate da un’adeguata formazione dei fedeli affinché partecipassero coinvolgendo la propria vita nel mistero celebrato.

I documenti del Concilio (Lumen gentium, Presbyterorum ordinis) parlavano inoltre di un popolo di Dio chiamato a diventare protagonista della vita della Chiesa, anche mediante l’istituzione dei Consigli pastorali e per gli affari economici: questi ultimi resi obbligatori dal Codice di diritto canonico emanato dopo il Concilio. La risposta dei parroci a queste indicazioni fu variegata. Ma, fatte salve alcune realtà particolari, non ci fu l’entusiasmo che aveva caratterizzato la riforma liturgica.

Purtroppo ci sono ancora comunità parrocchiali gestite dal parroco in maniera autonoma e autoritaria, e non mancano casi di mescolanza disordinata nell’amministrazione dei beni della comunità parrocchiale, confusi con quelli personali del parroco. La Chiesa oggi esorta i pastori ad un passo ulteriore: aiutare i fedeli ad essere non solo partecipanti, ma corresponsabili della vita della comunità. Nel Convegno della Chiesa italiana di Verona dello scorso anno è risuonata questa parola, “corresponsabilità”, che impegna i fedeli a diventare costruttori della comunità cristiana, mettendo a disposizione e valorizzando i carismi dello Spirito di cui sono dotati tutti i battezzati. Il parroco è il punto di riferimento per tutti, perché solo lui, insieme al vescovo, ha il carisma del discernimento.

È lui lo scopritore dei doni; è lui che deve esortare coloro che li hanno ricevuti a metterli a servizio della comunità. Ma alla scoperta dei talenti individuali deve seguire l’impegno della formazione, perché non si può ottenere corresponsabilità se non è chiaro il concetto di Chiesa e di servizio. Oggi, in un contesto multiculturale e multireligioso, la Chiesa ha urgente bisogno di non lasciare alcun carisma inutilizzato, pena la sua insignificanza e la sua messa a margine della società.

Ci sono ancora forti resistenze, soprattutto da parte dei fedeli di piccole parrocchie, abituati ad essere serviti dal parroco, che persistono nel richiedere la presenza di un prete che continui nel servizio, come ai tempi preconciliari, senza però un impegno serio da parte loro nel costruire insieme la comunità. Non di rado negli stessi Consigli pastorali parrocchiali si sentono ragionamenti che fanno pensare più alla riunione di una Pro loco o di un condominio che all’incontro di credenti che vogliono edificare una comunità cristiana, che abbia al centro la parola di Gesù, maestro e guida della vita, e che non offra posti di comando, ma soltanto di servizio.

La strada per l’attuazione nel Concilio è ancora lunga, ma se avremo coraggio e tenacia non mancheranno i frutti. E, visto che lo Spirito ha più fantasia di noi, rimarremo certamente anche stupiti.

AUTORE: ' Mario Ceccobelli