Doveva essere una festa, in cui per il secondo anno si riprendeva una tradizione medievale da riproporre alle autorità cittadine e accademiche. L’idea di mons. Chiaretti, infatti, è di scavare nelle radici cristiane della nostra storia e farle rivivere, consapevole che siano ancora capaci di portare frutti. L’indicazione di sant’Ercolano come patrono della città e dell’Università dovrebbe avere conseguenze pratiche nella devozione, nella consapevolezza di essere legati ad una cultura della vita e della storia che ha come principi la verità e la libertà. Ercolano vescovo, infatti, è stato martire della fede, difensore della città e vindice di libertà: per questi valori ha dato la vita, come ha messo in evidenza mons. Chiaretti nelle sue omelie. Doveva pertanto essere una festa, e invece, per una tragica coincidenza, alla memoria del sangue del martire si è unito in sangue di una ragazza accoltellata e uccisa da una mano amica. La città si è sentita umiliata e offesa da questa vicenda. Sembra assurda e – pur non conoscendo ancora tutti i risvolti – si può già osservare che è segnata da una spaventosa connessione di sesso e violenza. Le riflessioni al riguardo sono affidate alla coscienza e all’intelligenza di chi sente la responsabilità personale e collettiva della vita sociale. Ma è anche d’obbligo non chiudere gli occhi sulla cultura predominante, dove si privilegia il consumo delle cose, dei beni e dei piaceri in modo sfrenato, dove i giovani reclamano di volersi gestire da soli. Rimangono esposti ad ogni evento, lontani dalle famiglie e da punti di riferimento sicuri. Si offre loro la piazza libera, dove si può consumare birra, droga e qualsiasi altro prodotto, oppure locali notturni in cui si può divertire tutta la notte. Ci sono certamente anche strutture culturali, religiose, formative, di apertura sociale, ma difficilmente arrivano a penetrare il muro che divide la società e il mondo dell’università. I docenti fanno il loro lavoro e, tranne lodevoli eccezioni, lo fanno nel più breve tempo possibile e con il minimo coinvolgimento personale. Anche in quest’occasione, nelle molte iniziative proposte dalla Chiesa per l’Università, di docenti se ne sono visti davvero pochi. La popolazione universitaria è considerata un terreno da sfruttare economicamente, mentre dovrebbe essere un campo da coltivare e in cui seminare la cultura della speranza e della responsabilità, in un tempo e in una condizione decisiva per la formazione della personalità e della professione dei giovani universitari. È stato auspicato che questo grave fatto, caduto come un macigno nel mezzo della festa rinnovata del dies natalis di sant’Ercolano, possa costituire un campanello d’allarme e segnare una svolta nel senso di responsabilità di tutti verso i giovani, italiani e stranieri, che vengono in casa nostra a prepararsi per il proprio futuro. Giovanni Paolo II, nella visita del 26 ottobre 1986, definì Perugia la città del dialogo, che presuppone l’accoglienza generosa, gentile e accorta, come d’altra parte è nella sua consolidata tradizione. Così Perugia si deve ripensare e riprogrammare.
La morte di Meredith cambia il senso della festa di sant’Ercolano.
Perugia. Gli universitari sono consi- derati un terreno da sfruttare, invece di un campo in cui seminare la cultura della speranza
AUTORE:
Elio Bromuri