I discepoli e Gesù. Sulla stessa barca. Con Lui

Il Vangelo di questa domenica racconta l’attività di Gesù intorno al “mare di Galilea”, il grande lago di Tiberiade che bagna le città che furono oggetto della prima missione di Gesù. La barca è del resto il mezzo di trasporto più efficace per visitare le città che si affacciano sul lago.

È interessante che, pur essendo un lago, l’evangelista Marco preferisca chiamarlo “mare”, a motivo della grandezza e della sua pericolosità, infatti spesso è battuto da venti che rendono difficile la navigazione.

La traversata nella notte

Il racconto di domenica scorsa si concludeva con questa affermazione: “Senza parabole non parlava con loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa” (Mc 4,34).
Fattasi ormai sera, dopo il racconto delle parabole, Gesù vuole passare all’altra riva (v. 35). La stessa barca è stata usata, quasi come un ambone, per il racconto delle parabole, come risulta evidente dal racconto di Marco: “Congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca” (v. 35).

Una traversata notturna per raggiungere il luogo prestabilito; possiamo immaginare i turni di guida della barca, tra quei discepoli esperti di pesca notturna e quindi di navigazione. Gli altri, come Gesù, si cercano un luogo comodo per dormire, in attesa dell’alba. Chi dorme e chi veglia, ma tutti sulla stessa barca.

Un’immagine rivelativa della Chiesa che cammina nel tempo e può farlo perché ognuno, a turno, fa il proprio lavoro, a servizio dell’altro, con fiducia reciproca e tutti fidandosi di Gesù.

Papa: siamo tutti sulla stessa barca

Questo brano ci ricorda il momento straordinario di preghiera indetto da Papa Francesco il 27 marzo 2020, nel contesto della pandemia. Risuonano ancora le sue parole: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Risulta essenziale la presenza del Signore. Con un rischio: che ognuno lo vorrebbe collocato secondo i propri schemi, alla guida, di vedetta, a rassicurare ognuno, a evitare gli ostacoli… Ma il Signore è invece al suo posto e compie la sua opera. Lo aveva anticipato nelle parabole: il seme una volta gettato, non va perduto. “Dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27).

La barca nella tempesta

Il Signore è a poppa, nella parte posteriore della barca, quella che affonda per prima; e dorme appoggiato ad un cuscino (Mc 4,38). La tempesta che incontra la barca non sveglia Gesù, sarà il cuore angosciato dei discepoli a far tremare la barca: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Di questa mancanza di fede è preoccupato Gesù.
Immaginiamo lo scompiglio su quella barca! Ma quale è il vero rischio di perdersi? Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma, placato il vento e le acque, sarà lui a sollevare la domanda vera: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (v. 40).

Il mare non è una forza autonoma, come non lo è il Male, seppur ha una sua inspiegabile libertà di agire, come ci istruisce il testo “sapienziale” di Giobbe nella prima lettura: “Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso?” (Gb 38,8). C’è un limite invalicabile posto dal Signore, che è creatore e redentore: “Fin qui giungerai e non oltre, e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (v. 11).

La fede messa alla “prova” dal mare

L’immagine del mare, da sempre, rappresenta nella Bibbia una prova di fede.

Il popolo d’Israele liberato da Mosè è costretto a fermarsi davanti al Mar Rosso, apparentemente invalicabile. L’esercito egiziano incalza alla spalle ed è ormai vicino: “Non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto”? (Es 14,11). Con queste parole ricolme di angoscia, il popolo si rivolge a Mosè. E lui: “Non abbiate paura! Siate forti. Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (v. 13).

La fede di Mosè esprime la certezza nell’azione del Dio salvatore.

Il mare unisce anche due approdi ed evoca il percorso di una vita che si dipana tra due sponde: dal “fonte battesimale alla Gerusalemme celeste”.

Su questa barca con Gesù, che è la Chiesa

Con queste parole l’orazionale descrive la “via santa”, una vita non gettata nel nulla, non abbandonata a se stessa.
Sulla barca della vita permane la presenza silenziosa ma efficace del Signore: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Al momento opportuno il Signore interviene, calma le acque e il vento, come ordina al male di non nuocere più.

Su questa barca, che è la Chiesa, possiamo attraversare sicuri il mare della vita; e la nostra fede, seppur debole e ferita, può ristorarsi alla “fonte” dei sacramenti.

La nostra fede poggia sicura sulla fede di Pietro e della Chiesa di Cristo. Lo ricorda il sacerdote nella celebrazione eucaristica: “Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”.