La gestazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stata laboriosa e complessa. Ha coinvolto due governi, due maggioranze, e nella sua stesura definitiva il premier Draghi ha messo in gioco tutta la sua personale autorevolezza anche a livello internazionale. Ma in un certo senso la fase più impegnativa inizia ora.
Certo, è doveroso respingere i pregiudizi sull’Italia che, tra gli Stati dell’Unione europea, vengono spesso alimentati da pulpiti poco credibili. Come pure è giusto chiedere rispetto per il nostro Paese e per la sua capacità di fare fronte alle grandi emergenze: lo ha dimostrato anche davanti alla pandemia, nonostante gli errori che pure sono stati compiuti (ma quale Stato ne è rimasto esente?) e nonostante i disfattismi propagandistici di chi ritiene di poter speculare politicamente anche su una tragedia epocale.
Però non possiamo esimerci da un’esame di coscienza severo sulle tante riforme annunciate e mai portate a termine e, nello specifico, sulla nostra cronica inadeguatezza nell’impiegare i fondi europei ordinari. Tanto più che di ordinario non c’è proprio nulla nella sfida del Next Generation Eu, di quel Recovery Plan che ha segnato una svolta nella vita della Ue e di cui l’Italia sarà il principale beneficiario.
Sfida da vincere con l’Europa
È una sfida che dobbiamo vincere in Europa e con l’Europa. Non solo per riprenderci dalle conseguenze economico-sociali della pandemia – e sarebbe già questo un obiettivo di enorme rilevanza – ma anche per superare almeno alcuni di quei ritardi strutturali che hanno frenato il nostro Paese negli anni precedenti, così che il Covid ci ha investiti quando ancora non avevamo cicatrizzato le ferite della Grande Crisi economica.
Non possiamo imputare tutto al virus, prima della pandemia non vivevamo in un’età dell’oro a cui adesso si può sperare di ritornare. L’unico modo di recuperare davvero è costruire il futuro.
Impegnati come Paese
Il meccanismo con cui saranno erogate le risorse europee è allo stesso tempo una sfida ulteriore e una garanzia. I finanziamenti saranno infatti resi disponibili progressivamente in base all’effettivo stato di avanzamento dei progetti. Ecco perché gli impegni presi oggi responsabilizzano l’Italia come tale, al di là delle maggioranze politiche che si determineranno di qui alla scadenza del piano.
Considerati i comportamenti di alcune forze politiche in questi mesi – è amaro doverlo riconoscere – che l’Unione europea abbia inteso tutelarsi per gli anni a venire si rivela un bene anche per il nostro Paese, in quanto costringe tutti i partiti a misurarsi con la realtà e non con le bandierine ideologiche.
L’esperienza di questi mesi, peraltro, ha messo in luce un altro snodo cruciale, quello delle Regioni e delle istituzioni locali. Il loro ruolo sarà decisivo nella concreta attuazione del Pnrr, nel bene e nel male. Sarebbe imperdonabile se dovesse ripetersi il disordine che troppo spesso abbiamo visto nella gestione del contrasto alla pandemia.
“Rinascita, unità, coesione”: le parole che il Capo dello Stato ha richiamato nella recente festa della Liberazione indicano ancora una volta il percorso da seguire.
Stefano De Martis