Ho visitato una casa canonica. Bella, spaziosa e deserta. Tre piani, perfettamente organizzati attorno alla scala che li collega. Deserta, la casa, bella e deserta. Un’ex parrocchia che non tornerà mai ad esserlo. Bella e deserta. O meglio, il parroco della parrocchia viciniore ha pensato bene di alloggiarvi un mio vecchio amico, mal ridotto da antiche residuali manie di grandezza, coniugate con un più recente, ma pur sempre annoso e (soprattutto) assiduo culto di vino (minuscolo, staccato). Bella, spaziosa e deserta. Quante ce ne sono, in giro, di case canoniche come questa, anche solo nella nostra Umbria? Tantissime. Per una metratura inferiore solo a quella delle proprietà che possiedono a Roma e dintorni certi vecchi Ordini religiosi, che 50 anni fa avevano 300 membri e oggi ne hanno 3, e i metri quadrati a disposizione di ciascuno 50 anni fa erano 1.000 e oggi sono 10.000. Cifre che mi ha fornito un amico che, a Roma, sta battendo la testa ovunque per reperire case dove accogliere bambini ad alto rischio, ma non ne trova. Parola d’ordine: vendere affittare. Oppure (a piacere) affittare, vendere. Niente di male, per carità. Ma siamo alle solite: che vuol dire, per un cristiano, ‘niente di male’? Volete che Cristo sia morto sulla croce perché noi, come singoli, non facessimo ‘niente di male’? E volete che la sua Chiesa possa ritmare la propria vita sul ritmo della vispa Teresa, ‘Vendendo e affittando che male ti fo’? Siamo di fronte all’imponderabile. Da una parte le necessità di una Chiesa che non è fatta di angeli, e ha bisogno di persone e di strutture; persone che conservano la buona abitudine di mangiare tutti i giorni, mandare i figli a scuola, a volte mantenerli in casa ‘adolescentoni’ fin quasi sulla soglia della vecchiaia, andare in vacanza una volta all’anno; e strutture che devono continuamente essere aggiornate, modernizzate. Solo i don Milani possono permettersi di fare scuola con enorme successo utilizzando quattro tavolini sgangherati e tutte sedie tragicamente spaiate, ma di don Milani ne nasce (per fortuna) uno ogni secolo. Dall’altra parte le necessità dei poveri. Le infinite necessità dei poveri. Come giudicare sine ira et studio? Io non ne sono capace, lo confesso. Né ho ragionevole speranza di diventarlo, a breve. Io ho un pallino che mi rode dentro e mi blocca fuori. Ve lo dico? Ve lo dico. Il pallino fisso che una Chiesa senza i poveri non è Chiesa, ma solo una congrega di buontemponi. Ecco, ve l’ho detto, a voi 17 lettori. Solo perché siete 17.
Il pallino
AUTORE:
Angelo M. Fanucci