Commercio, trasporti, terziario professionale, alloggio, ristorazione, costruzioni, servizi alla persona, sono settori di attività colpiti con violenza dalla pandemia, anche in Umbria.
Sono giorni particolari quelli che stiamo vivendo: pieni di timore per l’incertezza che ci avvolge, di apprensione per la salute e la stessa nostra vita, e per il domani dei nostri cari, in particolare dei più giovani e dei giovanissimi, e di preoccupazione anche angosciosa, per tanti tra noi, per le difficoltà presenti e future della propria situazione economica.
L’Umbria nel Rapporto Cnel sul lavoro
Per comprendere le dinamiche in corso e quelle prevedibili per il tempo a venire, ci aiutano alcune analisi seriamente condotte da osservatori autorevoli, quali il Rapporto annuale del Cnel sul mercato del lavoro 2020 (scarica il file), e l’indagine Istat sul “benessere equo e sostenibile” (Bes) per il 2020 (vai al sito Istat), entrambi disponibili su Internet per consultazione da parte dei cittadini.
Come mostra il Rapporto Cnel, la pandemia ha colpito con violenza settori di attività fondati sulle relazioni – le più diverse – tra le persone: si tratta di commercio, trasporti, terziario professionale, alloggio, ristorazione, costruzioni, servizi alla persona. Per conseguenza, ha determinato una contrazione degli occupati, delle ore lavorate per occupato, dei redditi disponibili dei lavoratori e delle loro famiglie.
In tal modo l’emergenza sanitaria ha concorso a generare delle disuguaglianze, o a inasprirne alcune che già lacerano il tessuto economico e sociale del Paese: tra settori, colpendo particolarmente i servizi; tra lavoratori, a danno di quelli poco qualificati, con minori livelli di istruzione, e con basse remunerazioni; tra classi di età, a sfavore dei più giovani; tra generi diversi, a svantaggio delle donne; tra territori, con conseguenze negative per le aree più deboli.
Si osservi che l’acuirsi di queste disuguaglianze concorre all’espansione delle povertà, al diffondersi dei processi di impoverimento e alla generazione di tensioni sociali sempre più numerose ed intense. In corrispondenza, si delineano i molteplici e complessi percorsi educativi, formativi, e di intervento normativo, indispensabili per combattere le disuguaglianze.
Dall’Istat la situazione sul “Benessere sostenibile”
Sotto il profilo del benessere economico, analizzato nel Rapporto Istat Bes 2020 (scarica il file) , con un reddito disponibile pro-capite (18.908 euro) già nel 2019 inferiore a quello italiano (19.124) e ancor più nettamente rispetto al dato del Centro Italia (20.061), l’Umbria mostra il deterioramento progressivo della sua condizione economica.
Nel 2020, come stima un’indagine di Demoscopica, si sono accumulati in Umbria 269 milioni di euro di maggiori debiti per famiglie e imprese, con 5.796 famiglie povere in più, e si sono persi 6.448 posti di lavoro (Corriere dell’Umbria, 28/3/2021).
L’analisi Istat del Bes 2020 mostra per l’Umbria valori preoccupanti rispetto a Italia e a Italia centrale, con particolare riguardo all’intensità della ricerca, alla propensione alla brevettazione, al grado di innovazione del sistema produttivo, all’incidenza di imprese con vendite web: tutti aspetti che spingono verso una composizione della domanda di lavoro sbilanciata a favore del lavoro non qualificato, o della sottovalutazione delle competenze degli occupati.
Su questi punti si vedano le recenti note dell’Agenzia Umbria ricerche (Aur) sul digitale, sul mercato del lavoro, e sui caratteri delle imprese umbre. Le direttrici di fondo previste a livello europeo per il Recovery Plan (sanità, giovani, anziani, donne, digitale, innovazione, mobilità, ambiente, conversione ecologica…) sembrano appropriate anche per un rilancio della società e dell’economia dell’Umbria, in grado di valorizzare le sue tradizioni ed eccellenze produttive, e il suo patrimonio naturale e artistico, consolidando e ammodernando il suo sistema produttivo.
Il rilancio dell’Umbria è complesso
La gestione di questo rilancio, la sua governance , potrà essere complessa: potranno essere coinvolti più livelli di governo, europeo, nazionale, regionale, locale, in un intreccio di politiche tra loro integrate (industriali, del lavoro, sociali, ambientali, infrastrutturali), con interconnessioni anche con i programmi delle regioni confinanti con l’Umbria. Cercando sempre di conciliare i criteri di efficienza con criteri di equità e di attenzione alla dignità e alla promozione delle persone. E sviluppando altresì la partecipazione alla formulazione e alla attuazione dei programmi di intervento, ossia coinvolgendo, a fianco delle istituzioni, le forze produttive, quelle sociali, e le organizzazioni della società civile.
In tale direzione, si vedano le schede di progetto Next Generation EU del perugino e del Trasimeno presentate in questi giorni. A favore di questo auspicio si pongono gli indicatori delle relazioni sociali in Umbria, secondo il Rapporto Bes: vitali e ben funzionanti. Solo l’indicatore della fiducia generalizzata ha per l’Umbria un valore assai basso nel contesto italiano.
Al riguardo, sembra opportuno che le autorità e le persone responsabili facciano il massimo per rafforzare nei cittadini questa fiducia.