Proposte di alto profilo: Francesco insegna

La diocesi quali indicazioni pastorali ha ricevuto da Benedetto XVI? Risponde il vescovo mons. Sorrentino

Il più bel dono che Papa Benedetto abbia fatto alla diocesi di Assisi? Secondo il vescovo mons. Domenico Sorrentino, una buona dose di ‘respiro’, aiutando la Chiesa, in tutte le sue componenti, a guardare alle sfide dell’oggi con uno sguardo ampio e approfondito. Il modello pastorale già c’è, ed è formidabile: san Francesco, ovviamente. Mons. Sorrentino, in che modo incideranno i discorsi di Benedetto XVI sulla futura pastorale della sua diocesi? ‘Anzitutto va rilevato che il Papa ha detto molte cose che appartengono al fondamento stesso della vita cristiana, quindi valgono per tutti e per sempre. Ha parlato di Gesù, ci ha raccontato Francesco nei termini della sua conversione e del suo incontro con Cristo, e questo era il motivo di base per cui è venuto. Ma ha anche fatto osservazioni di attualità. Ci ha ricordato che proprio l’incontro con Cristo oggi è sottoposto a particolari tentazioni, e questo è un discorso che ci impegna molto come Chiesa: siamo in un momento di transizione della nostra cultura, a livello mondiale, in cui si ritrovano da una parte i grandi valori tradizionali che fanno corpo con la spiritualità cristiana, ma dall’altra anche tante espressioni che invece si allontanano dal Vangelo’. In particolare, una tendenza al relativismo. ‘Sì, c’è un certo clima di indifferentismo nei confronti della religione, ma anche dell’etica. Prima ancora, siamo molto segnati dal relativismo nei confronti della verità. Il Papa ha citato, nel discorso ai giovani, la domanda scettica di Pilato: ‘Che cos’è la verità?’. Si tende a prendere l’esperienza religiosa come si andrebbe a un supermercato a scegliere il prodotto che si desidera. Talvolta, questo avviene anche con motivazioni nobili come quelle del dialogo. Il Papa ci ha dato un forte impulso a prendere coscienza di questa problematica. E non è certo la prima volta che lo fa. Basti pensare al suo libro su Gesù di Nazaret. Da Assisi risuona forte questo messaggio: Cristo, anche per noi, come per Francesco, è la Verità. Questo deve diventare per noi un programma pastorale’. Privilegiare la pastorale della cultura, in un certo senso? ‘In cattedrale, Benedetto XVI ha invitato la nostra Chiesa – ma il discorso vale più in generale – a una pastorale di alto profilo, che non si accontenti di una proposta mediocre, di uno spiritualismo vago, ma abbia come linea di fondo la proposta della santità. Il Papa non ha girato intorno alle parole, ha usato proprio il termine ‘santità’, facendo appello in particolare al ministero dei sacerdoti e dei diaconi, ma anche alle religiose e ai religiosi presenti così in forze ad Assisi. Quanto ai giovani, ha tenuto loro un discorso programmatico, partendo dai problemi di Francesco, che sono in gran parte i problemi dei suoi coetanei di oggi. È stato molto interessante che il Papa abbia tradotto esperienze di 800 anni fa in esperienze contemporanee: ha parlato del girovagare di Francesco e del navigare su internet, della droga, delle grandi tentazioni di evasione, così come della grande esigenza di gioia, di vita, di infinito, tutte cose che aiutarono Francesco a riconoscere in Cristo il suo ideale’. Gli ideali ‘francescani’ di Papa Wojtyla restano vivi anche in Papa Ratzinger? ‘Non c’è dubbio. Per quanto possano esserci accenti diversi, Papa Ratzinger si muove in linea con il predecessore. Si veda il grande, vibrato appello alla pace che Benedetto XVI ha fatto perché essa venga costruita in tutte le regioni del mondo, soprattutto dove rimane minacciata. Anche in tema di dialogo interreligioso, Papa Benedetto XVI ha fatto totalmente sua la prospettiva di Giovanni Paolo II. Ha annotato sì delle tentazioni, ma per salvare la sostanza di quell’esperienza, consolidarla e rilanciarla. Tutti valori che ormai sono consegnati alle nostre mani, alla nostra riflessione e impegno’. Il Papa ha ricordato che Assisi viene guardata da tutto il mondo, proiettando tutta la diocesi in una dimensione universale. ‘È un passaggio molto interessante, per il quale il Papa ha preso spunto dal motu proprio Totius orbis con cui ha unificato la pastorale assisana, integrando pienamente in essa la vita pastorale delle due grandi basiliche papali (San Francesco e Santa Maria degli Angeli, ndr). Benedetto XVI ha spiegato il perché di tale provvedimento. Lo ha fatto sia in termini teologici, riandando alla teologia della ‘Chiesa particolare’ sviluppata a partire dal Concilio Vaticano II, sia in termini di opportunità pastorale, quando ha ricordato che questa è una città a cui tutto il mondo guarda, e dalla quale la Chiesa tanto si attende. Per dare una testimonianza efficace, c’è perciò bisogno di un grande coordinamento. E poiché le anime di questa città sono variegate, occorre che il tutto – pur nel rispetto dei carismi di ciascuno – sia canalizzato in maniera unitaria’. Parlando ai religiosi a San Rufino, Benedetto XVI li ha invitati a evitare il rischio di diventare ‘isole’. ‘Sì, ha usato questa espressione molto forte. Il rischio c’è. Ma è nella logica di Chiesa che ci si senta e si sia pienamente inseriti in una comunità, e poiché qui una comunità c’è, con un suo cammino pastorale che il Papa ha vivamente incoraggiato, bisogna che si viva pienamente la logica di comunione. D’altra parte ha anche risposto a chi teme che la riconduzione delle due basiliche a respiro universale, sotto la giurisdizione della Chiesa particolare, avesse un effetto limitante. Benedetto XVI ha spiegato che, invece, nella logica di ogni Chiesa particolare è compresa l’apertura all’universale, quindi la riconduzione alla giurisdizione episcopale non è una contrazione dell’universalità perché ogni Chiesa particolare possiede questa apertura, e la vive anche nella misura dei carismi di universalità che possiede. E Francesco indubbiamente costituisce un grande carisma universale, che fa corpo anche con la vita di questa Chiesa in cui è nato e dove ha sviluppato il suo cammino di santità’.

AUTORE: Maria Rita Valli(ha collaborato Dario Rivarossa)