Con questi interminabili lockdown sono aumentati – o forse soltanto si notano di più – i giovani immigrati irregolari che si aggirano per le vie del centro chiedendo un soldino ai passanti. Anche le persone meglio disposte si chiedono: “Ma perché non si cercano un lavoro?” o anche: “Ma perché il Comune non li utilizza per qualche lavoretto di pubblica utilità, pagandoli a ore?”.
Proviamo a rispondere. Le leggi sul lavoro, si sa, sono molto stringenti, a meno che non si voglia operare in nero; e far lavorare in nero un immigrato irregolare è doppiamente illegale. Chi fa lavorare in nero un cittadino italiano può regolarizzarlo in ogni momento, pagando un’ammenda; se invece lo fa con un immigrato irregolare, è un reato penale, e comunque non c’è possibilità di regolarizzazione.
La legge sull’immigrazione dice, in sostanza, che lo straniero che non ha un regolare contratto di lavoro non può avere il permesso di soggiorno; ma chi non ha il permesso di soggiorno non può avere un contratto di lavoro. Un cittadino senegalese o marocchino dovrebbe aspettare a casa sua che un cittadino italiano lo chiami a lavorare per lui tramite l’Ambasciata d’Italia sul posto, rispettando una serie di condizioni – talune anche bizzarre – che qui manca lo spazio di elencare. Tutto questo è ispirato al concetto che lo straniero che viene a lavorare in Italia “ruba il posto” a un italiano disoccupato, e quindi bisogna scoraggiare sia lui/ lei sia il datore di lavoro che lo vorrebbe assumere.
Così si arriva all’assurdo che sul suolo italiano ci sono stranieri che, in base al diritto internazionale, non possono essere espulsi, per motivi umanitari o perché richiedenti asilo in attesa di risposta; e però nel frattempo le leggi di marca sovranista vietano di farli lavorare, anche quando del loro lavoro ci sarebbe bisogno. Poi i benpensanti si lamentano perché ci sono tanti nullafacenti che chiedono l’elemosina, vivono di espedienti a volte anche illeciti, o sono ospitati in centri di accoglienza a spese dello Stato…