In questa terra ‘passò beneficando’

I luoghi francescani dell'Umbria

Terminato il feudalesimo, nel periodo comunale si può dire che la strada fosse, insieme alla piazza, il luogo più importante. O meglio, la piazza, in quanto punto di partenza e arrivo, rimandava alla strada. Sulle strade dell’inizio del secolo XIII si incontrava veramente di tutto: dai pellegrini diretti ai grandi santuari ai mercanti in cerca di nuovi affari; dai cavalieri in viaggio per aderire alla crociata a predicatori itineranti non sempre distinguibili dagli eretici; dai cantastorie, trasmettitori di una storia romanzata, agli studenti che si recavano verso le prime università. E in queste strade presto scese anche Francesco d’Assisi, prima come figlio di Pietro di Bernardone diretto a Foligno per commerciare stoffe, poi in viaggio verso la Puglia per divenire cavaliere, successivamente come pellegrino diretto a Roma assieme ad altri compagni per fare approvare la propria regola dal ‘signor Papa’, infine itinerante a predicare la penitenza e in cammino verso luoghi di eremitaggio o lebbrosari. Quindi possiamo dire che Francesco, soprattutto dal momento in cui scelse come forma di vita la sequela di Colui che si definì ‘la Via’, visse da itinerante e pellegrino, soprattutto lungo le strade dell’Umbria. Presto a lui si associarono dei compagni e lo stile di vita cambiò gradualmente: dalla precarietà dei viandanti passarono a dimorare in luoghi occasionali i quali, frequentati sempre più spesso, divennero sedi stabili, fino a trasformarsi in veri e propri conventi. In questo modo, la terra umbra si disseminò di chiostri francescani e chiese o piccole cappelle dedicate alla memoria di singoli avvenimenti della vita di san Francesco.In Umbria non solo Assisi, ma anche altri paesi vantarono la permanenza del Santo, ospitando avvenimenti della sua vita e di quella dei compagni. Prima di tutto fu la valle spoletana a essere disseminata di luoghi legati alla permanenza di Francesco. Foligno, con la sua piazza che vide il figlio di Pietro di Bernardone vendere le stoffe e il cavallo ‘ gesto altamente significativo della sua conversione ‘ e che alcuni decenni dopo diede i natali a una delle più grandi rappresentanti della spiritualità francescana, ossia la beata Angela. Spoleto, la cui rocca dell’Albornoz richiama vistosamente i sogni di grandezza di Francesco incamminato verso la Puglia per divenire cavaliere. Mentre in cima a Monteluco il convento conserva piccole cellette, espressione della tensione che attraversa tutta la storia francescana tra vita eremitica e predicazione nelle città. Possiamo dire che Spoleto si è ben meritata di conservare nella sua cattedrale uno dei documenti più preziosi della vita di Francesco: la lettera autografa da lui indirizzata a frate Leone. Proseguendo per la via Flaminia si giunge nella conca ternana, sovrastata dal ‘Lo Speco’ di Narni da una parte e ‘La Romita’ di Cesi dall’altra. Nel primo eremo, mentre era malato, Francesco espresse il desiderio di udire una musica che gli desse sollievo; nel secondo scrisse delle lodi a Dio che ben esprimono la sua vita di preghiera. Ma Terni e dintorni vanno ricordati soprattutto perché Francesco con la sua predicazione seppe affascinare alcuni i quali, divenuti Frati minori, dopo averlo seguito fino alla Porziuncola, furono inviati in Marocco per una presenza evangelica tra i saraceni, ossia i musulmani. Uccisi a causa del Vangelo, i loro corpi furono portati a Coimbra; alla vista della loro testimonianza di fede, un giovane canonico agostiniano scelse la loro stessa vita, divenendo Frate minore. Proclamato santo, sarà conosciuto in tutto il mondo come Antonio da Padova. Senza retorica possiamo dire, parafrasando Tertulliano, che il sangue ternano dei protomartiri francescani divenne il seme della santità francescana di Antonio. Sopra la cascata delle Marmore vi è il lago di Piediluco, conosciuto nelle diverse biografie francescane come lago di Rieti, testimone del rispetto della natura da parte di Francesco. Risalendo invece la Valnerina si trova San Lazzaro del Valloncello, uno dei lebbrosari frequentati da Francesco, testimone di quello che lui stesso indica nel suo Testamento come il centro della sua conversione, ossia ‘il fare misericordia con i lebbrosi’. Un luogo misconosciuto, proprio come erano i malati di lebbra nel secolo XIII, e che invece senza retorica può essere indicato come uno dei luoghi in cui maggiormente traspare l’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi. A Perugia la testimonianza non è tanto legata a Francesco, che vi fu tenuto prigioniero nella giovinezza e vi ritornò per predicare, ma a coloro che trasmisero la memoria della sua vita, ossia il beato Egidio, ritiratosi nell’eremo di Monteripido e successivamente sepolto nella chiesa di San Francesco al Prato. Lui, assieme al suo compagno Giovanni da Perugia, divenne realmente uno dei depositari dei ricordi inerenti il Santo. Accanto alla sua tomba vi era un manoscritto contenente, assieme alla sua vita, il De inceptione, meglio noto come Anonimo perugino, una delle principali fonti per conoscere san Francesco. Sempre nel Perugino non va dimenticata l’isola Maggiore del lago Trasimeno, dove si narra, nel desiderio di evidenziarne la conformità a Cristo, che san Francesco digiunò quaranta giorni. Mentre a Farneto la figura di Giovanni ‘il semplice’ che voleva imitare in tutto il serafico padre mostra quale attrattiva avesse generato il Santo di Assisi. Risalendo la valle del Tevere si giunge a Gubbio, dove Francesco fu ospitato da un amico dopo che si era spogliato ad Assisi davanti al padre Pietro di Bernardone e al vescovo Guido I. Lungo la strada si trova l’abbazia di Vallingegno, sede di uno dei primi Capitoli dei Frati minori, ma anche del confronto, non sempre scontato, con la vita monastica. Quindi le strade che attraversano l’Umbria fin dai tempi dei romani sono esse stesse testimoni della vicenda di frate Francesco, e questo non tanto per una motivazione geografica, trovandosi in questa terra Assisi, ma a causa della scelta stessa del Santo di vivere la ‘sequela Christi’ vivendo da straniero e pellegrino, passando e usando misericordia a tutti con la vita e la parola.

AUTORE: Pietro Messa