In mezzo a eremiti, sassaiole e acque curative

I luoghi visitati da san Francesco nell'attuale territorio della 'sua' diocesi

Ci sono alcune zone dell’attuale diocesi di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, dove ancora oggi si possono trovare località che, secondo la tradizione e molto spesso secondo la storiografia e la cronachistica francescane medievali, hanno avuto il privilegio di essere abitate o visitate dal Santo. Non sono molte, situazione che potrebbe apparire quanto meno sospetta. Ma sono nondimeno significative.

L’eremo di san Marzio
San Francesco fu almeno due volte a Gualdo. Non l’attuale centro abitato, ma il precedente, andato poi a fuoco nel 1237 e ricostruito sul colle di San Michele Arcangelo pochi anni dopo, su interessamento dell’imperatore Federico II. La prima visita ‘ così ci racconta l’Historia antiquae civitatis Tadinati, un testo storiografico tardoduecentesco di ambito chiaramente francescano ‘ ebbe luogo prima del 1209 e fu un fiasco: Francesco venne ‘vilipensus et derisus’ e una tradizione orale parla anche di sassate e bastonate. La seconda visita, probabilmente svolta nel 1211 o nel 1220, ebbe esiti ben diversi: venne accolto con tutti gli onori e, con i suoi confratelli, fondò o ristrutturò l’eremo di Valdigorgo, oggi noto come ‘eremo del santo Marzio’ dal nome del santo ricordato nel Martirologio francescano, morto quasi centenario nel 1301, che vi abitò per oltre 60 anni. L’eremo di san Marzio, ampiamente rimaneggiato nei secoli successivi e in parte allargato nel XX secolo, è una delle oasi di pace attorno alla città di Gualdo: vi è un bel giardinetto, con una sorgente d’acqua (a poche decine di metri vi è la captazione dell’acquedotto del centro storico) e la cappella, officiata solamente durante la stagione estiva, in occasioni speciali.

La grotta di frate Fava
Sempre l’Historia antiquae civitatis Tadinati ci racconta che san Francesco andò a trovare personalmente, nei pressi di Gualdo, un eremita, tal frate Fava, che con alcuni confratelli conduceva esistenza isolata in una spelonca; dopo averlo ammonito con parole benigne a non esagerare nel rigore e nella mortificazione delle carni, lo ricondusse nell’Ordine, portandolo con sé ad Assisi. La testimonianza storica è confermata da una tradizione orale che identifica questa spelonca con una grotta, chiamata per l’appunto ‘di frate Fava’, che si trova a poca distanza dalle sorgenti della Rocchetta. (Per informazioni e per la visita, Cai Gualdo Tadino, tel .075.9142213).

L’eremo del Serrasanta
Sempre in occasione della visita a frate Fava, Francesco riaccolse nell’Ordine altri due frati che conducevano vita eremitica in ‘silva Vallis Surde montis Serre Sancte’. Dei due romitori, di origine antichissima, uno è visitabile ed è situato su una delle vette collaterali del Serra Santa, a 1348 metri, in splendida posizione panoramica: è l’eremo della Trinità, in cui pregò anche san Francesco. Oltre a questo, richiamano direttamente al Poverello la meravigliosa chiesa di San Francesco, costruita fra il 1277 e il 1312, con pregevoli affreschi, molti dei quali di Matteo da Gualdo; e il cinquecentesco Convento dell’Annunziata, o ‘degli Zoccolanti’.

La casa di Bagnara
I primi contatti tra Francesco e Nocera Umbra dovettero avvenire, invece, nel 1225, durante una delle ultime traversate appenniniche del Santo, ormai gravemente malato, a dorso d’asino. Fu in quest’occasione che egli venne a conoscenza delle proprietà curative della locale acqua. La tradizione riferisce che avrebbe visitato la frazione Bagnara e soggiornato in una casa, oggi ancora identificabile.

La cavalcata di Satriano
Fu così che, di ritorno da un viaggio a Siena, nel 1226, chiese di essere portato proprio nella Valle del Topino, presso Nocera, per essere curato con quell’acqua miracolosa che aveva già conosciuto. Soggiornò, a quanto pare, in alcuni romitori le cui rovine erano visibili fino agli inizi del XX secolo, nei pressi dell’attuale località di Stravignano. Oggi una lapide le ricorda. Ma le cure ‘termali’ non ebbero effetto e le condizioni si andavano aggravando, per cui il comune di Assisi, per scongiurare che morisse ‘in suolo straniero’, lo mandò a prendere da una pattuglia di cavalieri: era il settembre 1226. È il celeberrimo episodio narrato nella Vita seconda del beato Francesco di Tommaso da Celano, e che ogni anno viene rievocato dalla Cavalcata di Satriano, all’inizio del mese di settembre, quando un gruppo di cavalieri ripercorre l’itinerario francescano da Nocera fino al castello di Satriano in ricordo di quel lontano episodio.Benedetto.

AUTORE: Pierluigi Gioia