‘Chi accoglie loro accoglie Me’

Caritas. Incontro con le autorità alla casa 'Germoglio meraviglioso' di Foligno, per l'inaugurazione di una nuova ala ristrutturata

La carità è un bambino serbo, originario del Kosovo, che ‘ non potendo più vivere nella sua terra ‘ con il consenso della madre è stato dato in affido ad una coppia italiana. Per lui, un giorno, arriverà anche l’adozione. È stata la presenza di questo piccolo che ha restituito a tutti, alla fine di tanti discorsi ufficiali il senso, primo e ultimo, della giornata di festeggiamenti alla casa di accoglienza ‘Il Germoglio meraviglioso’ di Foligno, svoltasi il 4 giugno in occasione dell’inaugurazione della prima tranche dei lavori di ristrutturazione di un luogo che, da sei anni, produce una solidarietà fondata su buone decisioni, silenzio e tanti fatti. David, questo il nome del bambino serbo che sua madre ventunenne non può tenere per mille ragioni, ha – in fondo – messo in fila davanti a sé molti ‘pezzi grossi’ della Chiesa (c’erano gli otto vescovi umbri, il segretario generale della Cei mons. Giuseppe Betori, il direttore della Caritas italiana mons. Vittorio Nozza) e delle istituzioni (dalla presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti all’assessore Damiano Stufara, al sindaco di Foligno Marini). È stato bello vedere che tutti loro, assieme al popolo e alla gente del ‘Germoglio’, erano lì per David e per i suoi ‘colleghi’, uniti in un progetto comune sul quale occorre ancora lavorare sodo. Tutti hanno visto David in braccio a don Lucio Gatti, direttore della Caritas perugina e ‘anima’ di questa e di altre case Caritas sparse per l’Umbria, da Eggi a San Fatucchio a Villa San Faustino a Santa Maria degli Angeli. Ma, idealmente, fra le braccia di quel prete c’erano altre 25 persone, ex carcerati, donne sole, stranieri, malati mentali, vecchi, volontari, tutti abitanti della casa Caritas di Foligno. Persone che un giorno hanno superato quel cartello all’ingresso, posto lungo una stradina che zigzaga un po’ in salita e che dichiara: ‘Questa è terra di Dio’. L’odierna esperienza di solidarietà trae origine da quella del campo per terremotati di Case Basse di Foligno, passando poi per la tragedia dei Balcani, dove la Caritas umbra gestisce un campo a Radullac, in Kosovo. Dei 12 mila giovani che si precipitarono in Umbria per aiutare una popolazione messa a terra dal sisma, qualcuno abita oggi al ‘Germoglio’. E continua a sostenere gli altri e a dare alla propria esistenza un senso che suscita ammirazione e profondo rispetto. ‘Con il terremoto – ha detto mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Spoleto-Norcia – sono caduti tanti muri. Ma sono venuti giù anche tanti pregiudizi, e abbiamo scoperto che era utile mettersi a lavorare insieme. Otto piccole diocesi, da sole, possono poco ma, uniti, si è molto significativi. L’intera Chiesa umbra, con azioni come questa, ha dato un preciso segnale, fondato sulla concretezza di san Benedetto da Norcia e di san Francesco. Il primo accolse i ‘barbari’ della sua epoca, il secondo generò una storia di amore verso i poveri che ancora ci incanta’.

AUTORE: Paolo Giovannelli