Il messaggio dei vescovi italiani per la Giornata nazionale per la vita di quest’anno affronta il tema della libertà legato alla vita: “La libertà può distruggere se stessa: si può perdere! Una cultura pervasa di diritti individuali assolutizzati rende ciechi e deforma la percezione della realtà, genera egoismi e derive abortive ed eutanasiche, interventi indiscriminati sul corpo umano, sui rapporti sociali e sull’ambiente.
Se la libertà diventa chiusura e violenza…
Del resto, la libertà del singolo che si ripiega su di sé diventa chiusura e violenza nei confronti dell’altro. Un uso individualistico della libertà porta, infatti, a strumentalizzare e a rompere le relazioni, distrugge la “casa comune”, rende insostenibile la vita, costruisce case in cui non c’è spazio per la vita nascente, moltiplica solitudini in dimore abitate sempre più da animali ma non da persone”.
Un passaggio che acquista ancor più significato se leggiamo la cronaca di queste settimane, che ci restituisce un panorama in cui continuano a essere approvate leggi su aborto (vedi Argentina e nuovo corso dell’amministrazione Biden negli Usa) ed eutanasia (Portogallo), ma anche provvedimenti discutibili sulla genitorialità (apertura alla commercializzazione per utero in affitto in Inghilterra).
Esempi concreti che confermano le preoccupazioni dei vescovi italiani, ma iniziative anch’esse prese in nome della libertà. Come è possibile che, sempre invocando la libertà, alcuni chiedano e altri contemporaneamente rigettino l’ingresso di eutanasia e aborto, ad esempio, nelle legislazioni nazionali?
Se la libertà è relazione…
La differenza fra i due approcci è nel valore che si attribuisce alle relazioni umane. Se per libertà si intende la possibilità di ciascuno di decidere della propria vita a prescindere dalla rete di rapporti in cui si è immersi, allora la realizzazione della propria vita può passare solo attraverso scelte individuali, per le quali le relazioni arrivano a costituire addirittura un ostacolo.
Se invece la libertà considera gli esseri umani in quanto relazionali, persone che non possono fare a meno le uni delle altre, allora cambia tutto: riconoscendo la dipendenza reciproca nella comunità umana, l’essere liberi include anche farsi carico gli uni degli altri, assumersi responsabilità reciproche, e non mettere sempre e comunque davanti a tutto il proprio “io”.
La libertà aiutata dalla responsabilità operosa
Rifiutare leggi che consentano aborto ed eutanasia, ad esempio, implica che si debba rispondere alle necessità di chi le vede come uniche soluzioni a gravi difficoltà che sta attraversando: un lavoro precario, l’abbandono del compagno, una grave malattia invalidante.
Non basta impedire che certe leggi vengano approvate, se non si mette in atto una solidarietà concreta nei confronti di chi ha un problema che ritiene insormontabile.
Di fronte a una persona che dice “non ce la faccio” (a portare avanti una gravidanza, a continuare a vivere la propria vita), la prima risposta è una mano tesa, un sostegno efficace nel fronteggiare problemi che non sempre si possono risolvere, ma che, se affrontati insieme, acquistano tutta un’altra luce, e magari si intuisce anche qualche modo per uscirne.
Il messaggio dei vescovi italiani per la Giornata per la vita parla infatti anche di responsabilità. Le opere nate nella lunga storia della cristianità nascono sempre così: da una responsabilità operosa.