6 aprile 2007, Venerdì santo. Intorno alla sua croce c’è di tutto. Dall’oblatività più pura alla crudeltà più efferata, alla vigliaccheria più sorda. C’è di tutto. E noi, dove potremmo collocarci? Noi, suoi pallidi seguaci. Noi, mediocri cultori dell’alternanza tra i colpi assestati al cerchio e i colpi assestati alla botte. Dove potremmo collocarci, quale posto ci compete? Ad un passo dalla croce aleggia l’invito che anche noi facciamo nostro: ‘Scendi, tu che lo puoi!’. Glielo grida la disperazione maledicente di uno dei due malfattori crocifissi con lui, glielo grida la disperazione implorante dell’altro. Glielo grida l’ostilità ghignante dei farisei. Glielo sussurra l’amore pauroso dei discepoli, glielo chiede l’intrepido amore di sua Madre: ‘Scendi, tu che puoi!!’. No, non scenderà, lui non scenderà. Lui ha sempre dato il primo posto alla preoccupazione di fare blocco con i suoi fratelli/uomini peccatori. I rabbini li rimproveravano aspramente, i peccatori: Lui ha sempre evitato di farlo, anzi: il più delle volte sembra essersi dimenticato anche solo di dare loro delle indicazioni. Quando ha deciso di farsi battezzare da suo cugino Giovanni, si è confuso tra di loro. Al Giordano: nel sito geografico più basso della terra. Per sé Lui voleva alcune cose importanti, una importantissima: condividere fino in fondo, in tutto, la nostra condizione umana. E il Tentatore proprio contro questa scelta aveva concentrato tutti i propri sforzi, incalzandolo per quaranta giorni, cioè per tutta la vita: Di’ a questa pietra che diventi pane! Dài!, forza!, serviti del potere divino che è in te, e grazie al quale perdoni i peccati e risusciti i morti, servitene una volta tanto a tuo vantaggio personale, dài!, per sfuggire alle difficoltà che gli uomini comuni incontrano; essi hanno fame e sete, si ammalano, si procurano i calli sulle mani per mettere insieme il pranzo con la cena, imparano solo se studiano, l’inganno sottile e la disgrazia improvvisa e l’ingiustizia becera per loro sono sempre dietro l’angolo: ma tu in un colpo solo puoi sottrarti a tutte queste difficoltà, e dunque fàllo!! Dài, fàllo!! Non l’aveva fatto, e il Tentatore aveva dovuto allontanarsi, ma solo per tornare al momento fissato. Il momento fissato è questo. E l’antica tentazione si ripropone adesso, sottile nell’invito silenzioso e accorato di sua Madre e dei suoi, virulenta nello scherno dei nemici, tragica nell’appello blasfemo e orante dei suoi compagni di sventura: ‘Scendi, tu che lo puoi!’. Grazie, Maestro e Fratello, di non averlo fatto. Quel tuo rifiuto autorizza ogni uomo a sperare contro ogni speranza. Oggi anche vorremmo perderci in Te, annegare la nostra pusillanimità nel tuo dolore, di Te ‘che fosti ucciso per noi e ora ci tormenti con la potenza del tuo implacabile amore’.
Scendi, tu che lo puoi!
AUTORE:
Angelo M. Fanucci