Tre giorni che vanno dalla sera del Giovedì santo alla sera della domenica di Pasqua costituiscono il triduo ‘della morte, sepoltura e risurrezione’ del Signore. Questo tempo breve è il cuore della Settimana santa che, a sua volta, è il cuore di tutto l’anno liturgico. Agli inizi, il venerdì e il sabato erano giorni vuoti, senza celebrazioni, di solo silenzio e digiuno, che preparavano alla domenica della gioia. L’unica, lunga e solenne celebrazione era quella della notte fra il sabato e la domenica, che per rimanere nella metafora rappresenta il cuore del triduo. In essa si celebra tutta la storia della salvezza e si compone di una celebrazione introduttiva della luce con il famoso canto dell”exultet’, una celebrazione della parola che ripercorre tutta la storia della salvezza, la celebrazione del battesimo, (se ci sono dei vatecumeni) e della rinnovazione delle promesse battesimali da parte di tutti i fedeli, e la celebrazione dell’eucaristia. La notte pasquale è il passaggio dal digiuno alla gioia, come è stato, per Cristo, il passaggio dalla morte alla vita. Il digiuno era considerato così importante di per se stesso che digiunare era equivalente a celebrare la Pasqua. Non è un dato solo della storia; anche nella spiritualità riproposta dalla Costituzione sulla liturgia del Vaticano II si insiste sull’importanza di questo digiuno: ‘Sia religiosamente conservato il digiuno pasquale da celebrarsi ovunque il Venerdì della passione e morte del Signore e da protrarsi, se possibile, anche al Sabato santo, in modo da giungere con animo sollevato e aperto ai gaudi della domenica di Risurrezione’ (SC n. 110, b). Si potrebbe dire che il digiuno è la vera liturgia dei due giorni santi, tra quella della santa Cena del Giovedì santo e quella della notte di sabato che si prolunga nella domenica di Pasqua. L’articolazione delle celebrazioni, come è attualmente, si è venuta formando nel tempo anche per rispondere alle richieste dei pellegrini convenuti a Gerusalemme, allo scopo di dare rilievo ai momenti distinti dell’evento della Passione. Nacquero così le celebrazioni eucaristiche del Giovedì santo e della domenica e la liturgia non-eucaristica del Venerdì santo. In questo senso i liturgisti parlano di ‘estensione’ (per anticipazione e per prolungamento) della liturgia della notte pasquale. L’eucaristia del Giovedì santo, che ha come tema centrale l’istituzione del sacramento stesso e il gesto di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli, sullo sfondo del tradimento e dell’agonia, è una celebrazione di per se stessa orientata alla consumazione del mistero pasquale e atta ad introdurre i fedeli alla sua celebrazione. Segue, al termine, l’adorazione del Santissimo Sacramento, dove deve essere favorita la meditazione silenziosa. La celebrazione non-eucaristica del Venerdì (liturgia della Parola, venerazione della croce e comunione) ha come scopo di far penetrare più profondamente nella meditazione e nella partecipazione del mistero pasquale e di preparare alla veglia. Nella partecipazione ai riti essenziali di questo triduo, con lo spirito di cui è profondamente intriso, la comunità cristiana è in grado di vivere e annunciare al mondo la sua più vera e autentica identità, più che con ogni altra pratica religiosa, devozionale e folkloristica con cui spesso si tende a riempire i presunti ‘vuoti’ delle celebrazioni. In questo triduo, come in ogni azione liturgica, non si tratta soltanto del ricordo di un fatto passato, per quanto sublime e suggestivo, ma si opera una trasformazione nell’identificazione del fedele con Cristo, con il quale si condividono passione, morte e risurrezione. Questo è tanto più vero quando nella celebrazione si annuncia hodie (oggi). Vuol dire che oggi il gesto celebrato, rievocato nel ricordo, si avvera ed è rinnovato. Ciò si può dire dell’evento pasquale, e non si può dire allo stesso modo nelle altre feste, ad esempio nel Natale. Non viene detto che dobbiamo partecipare alla nascita umana del Figlio di Dio, mentre dobbiamo partecipare al ‘passaggio del Signore da morte a vita’ passando anche noi, come nel battesimo e nella conversione, alla nostra rinascita spirituale in Cristo per opera del suo Spirito. Inoltre questo non è un atto individuale ma comunitario, che trasporta nella vicenda del suo Capo tutto il corpo che è la Chiesa che risorge, si trasforma in Cristo per la trasformazione e la risurrezione del mondo. Il triduo pasquale diventa, pertanto, nella coscienza dei cristiani, l’evento dell’anno più importante e decisivo per l’affermazione e l’annuncio della propria fede.
L”oggi’ di noi in Cristo
TRIDUO PASQUALE cuore della liturgia
AUTORE:
Elio Bromuri