Teresa di Lisieux e Teresa d’Avila: la mia generazione di cristiani è cresciuti all’ombra di queste due personalità di grandissima caratura. Oggi a queste due se n’è aggiunta una terza: Teresa di Calcutta. Ce l’ha presentata, come meglio non si sarebbe potuto, la compagnia teatrale ‘L’isola che non c’è’, della parrocchia di S. Maria Ausiliatrice in Padule di Gubbio. Per la regia di Bruno Caioli e il senso della scena e del canto di Annalsia Minelli e di tanti suoi amici. Il parroco don Luca Lepri – dice la brochure – ‘ha coordinato’. Traduco: ha ispirato e incoraggiato, ma ha anche corso, lavorato, lavato per terra; ha pigiato il pulsante del water, ha portato via i sacchi della spazzatura. Venerdì 9 marzo c’ero anch’io al Teatro comunale di Gubbio, per il primo dei quattro spettacoli, ‘Teresa di Calcutta, il musical’. Ho battuto le mani fino a renderle simili a dei maritozzi. Prima reazione, da eugubino senza etichetta: com’è cresciuto il nostro livello culturale! Ancora pochi anni fa noi di San Marco, Padule, Torre, Branca, come tutti gli abitanti delle tante frazioni, per gli eugubini doc, quelli nati intra moenia e battezzati a San Giovanni, eravamo i ‘taucchi’, i ‘trogloditi’. ‘VilÈni’, con quella ‘È’ inglese che da noi si usava. Seconda reazione da prete: che bella lezione di catechismo! E chi potrà mai dimenticarsela, quella riproposizione della Pietà, in due tempi, prima Matteo/Cristo Morto abbandonato nella desolazione della morte in braccio alla giovane Annalisa/Teresa, e poi Matteo/Cristo Risorto che accoglie per l’ultimo abbraccio, quello che conta, Annalisa/Teresa uccisa dall’amore e dalla fatica. Terza reazione, da vecchio ‘fissato’, irreparabilmente ‘rovinato’ dal primo incontro con quel centinaio di disabili che, sulla collina che da Capodarco si affaccia sul mare di Porto San Giorgio, progettavano non istituti modello, ma una società nuova, una Chiesa davvero conciliare, un mondo centrato sui più deboli. Tanti anni fa, 30 giugno 1970, la guerra di Troia stava finendo. Terza reazione, dicevo: riusciranno Andrea, e Chiara, e Francesca, e Francesco, e Giada, e Alessandra, e Roberto, e Rosanna, e Samantha, e Jessica, e Ambra, e Petra, e Benedetta, e i fratelli Tomassini, cito a casaccio, e tutti i ragazzi che la splendida impresa teatrale ha impegnato, a continuare nella vita quello che hanno iniziato sulla scena? ‘Fiction’ viene da fingere. Fingo, -is, finxi, fictum, -ere. Latet anguis in herba. Nei messaggi ideali legati a figure grandi come quella di Teresa di Calcutta è sempre implicito un pericolo: che la loro grandezza faccia da paravento alla nostra mediocrità. Che la gente dica: ‘A ‘farsi prossimo’ dei meno fortunati ci pensano loro, gli ‘eroi’, anche a nome nostro. Gli eroi fanno cose eroiche, noi normali facciamo cose normali’. Cioè piccole. E storte.
La terza Teresa
AUTORE:
Angelo M. Fanucci