Oseremo ancora dire padre

Il papà del futuro, si spera, non sarà né un padre-padrone che afferma la sua autorità con la forza, né un bravo giovane senza spina dorsale. Ne parliamo con suor Roberta Vinerba, ormai affermatissima ‘esperta di affettività’ in Umbria e con un pubblico che viene ad ascoltarla da tutta Italia. Dopo il successo degli incontri con i giovani sul tema ‘Se questo è amore’, ha aperto un dialogo con i genitori, anzi, i ‘Monologhi del padre’, ed anche qui ha incontrato l’interesse di tanti. In questi giorni in cui i mass media parlano di disagio dei giovani, dal bullismo alle stragi del sabato sera, la domanda viene spontanea: c’è un rapporto tra il disagio dei giovani e la cosidetta ‘assenza dei padri’?’C’è un rapporto di causa ed effetto – risponde suor Roberta -. Parlare del disagio giovanile porta necessariamente a parlare del disagio degli adulti. Un disagio inteso come smarrimento, mancanza di una chiara identità anche sessuale, per cui tra il maschile e il femminile, tra il paterno e il materno, c’è un’ampia gradazione che determina una realtà fluida, con conseguente crisi dei ruoli. In questa situazione, la coppia scoppia. I padri, per la maggior parte, o sono assenti oppure hanno una presenza periferica, insignificante. I figli per il 98% sono affidati alla madre. Alcune statistiche condotte in Francia e in Germania indicano che il 70-80% dei giovani che hanno problemi di violenza non hanno il padre in casa, avendo alle spalle famiglie separate. È venuta meno la figura paterna, che garantiva alla famiglia stabilità di regole; ma avere un’importante figura paterna alle spalle significa volare alto, avere solide radici per poter spiccare il volo’ E le madri? ‘Di madri si parla molto, e giustamente, data la loro importanza per lo sviluppo dei figli, però va a finire che questa centralità ha creato una società matriarcale. C’è bisogno di ricominciare a parlare il linguaggio del ‘maschile’, riscoprendo il valore autentico della virilità. Che non coincide affatto con il maschio violento e aggressivo. Ma neppure con questi tipi carini, politicamente corretti, che poi non riescono a reggere l’urto della vita’. Il problema è il circolo vizioso che si crea: i padri sono deboli a causa del tipo di educazione ricevuta, e così lo diventano anche i loro figli, e via di seguito… ‘Per spezzare questa catena, la coppia ha bisogno di cercare aiuto all’esterno. Si è definitivamente infranto il sogno della famiglia autosufficiente, lui lei i figli il cane… Le coppie hanno bisogno di entrare in forme di comunità, o associazioni, o gruppi di auto-aiuto, che infatti stanno nascendo. L’esigenza è di riscoprire la differenziazione dei ruoli, ma i coniugi da soli trovano difficilissimo liberarsi dall”imprinting’ che hanno ricevuto dai propri genitori. Molte volte, infatti, dietro un maschio debole c’è stata una madre forte, e il modello tende a perpetuarsi. Per questo credo molto in una coppia che si lascia aiutare, vuoi da un terapeuta, vuoi da un catechista o un gruppo, che contribuiscono a far ritrovare la stima di sé’. Occorerebbe tornare, in un certo senso, a una famiglia come era in passato, meno isolata? ‘In passato, in effetti, la persona aveva più punti di appoggio di oggi, e questo valeva sia per i genitori che per i figli. Attualmente, a parte la ristretta cerchia domestica – con tutte le sue debolezze – il figlio non ha particolari sostegni. Da questo punto di vista, assistiamo a una supervalutazione dei genitori’. Ma qualche segnale di speranza c’è… ‘Vedo in tanti giovani padri la voglia di imparare, di essere ‘presenti’, con il desiderio di riprendersi un ruolo importante… e di scoprire quale sia, questo ruolo. Riguadagnando un’autorevolezza che sia diversa dall’autoritarismo. Il corso che ho tenuto sembrava fornire una risposta a un’intensa domanda che ormai si leva da ogni parte.’

AUTORE: M. R. V. - D. R.