di Gualtiero Bassetti
Mai come oggi è opportuno utilizzare la virtù della prudenza. Ci sono infatti segnali contrastanti sulla pandemia che ormai da mesi sta caratterizzando l’esistenza degli abitanti dell’intero pianeta. Mentre in Italia si sta cercando di tornare a uno stile di vita “normale”, con milioni di cittadini che sognano le vacanze, il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato che nel mondo la pandemia “continua ad accelerare”.
Di fatto, ai nuovi allarmi sanitari che provengono dalla Germania, dagli Stati Uniti, dal Brasile e dalla Cina, si sovrappongono le cronache quotidiane, le statistiche ufficiali, le testimonianze eroiche di medici e, infine, anche una lunga serie di ardite teorie sull’origine o sulla reale consistenza della pandemia. Una ridda di voci, commenti e giudizi si affastellano uno sull’altro dando vita a una sorta di nuova Babele.
Molti commentatori, in questi mesi di quarantena, hanno evocato I Promessi sposi di Manzoni. In quel prezioso capolavoro della letteratura italiana ci sono, infatti, molti spunti di attualità: dalla “miscredenza” iniziale alle misure drastiche di controllo dell’epidemia; dalla morte tragica nel lazzaretto di Milano fino ai “deliri” prodotti dagli “uomini di passione” nei processi agli “untori”. Quest’ultimo elemento è forse uno degli aspetti più inquietanti del mondo contemporaneo.
Il rischio più grande di questo periodo è che dalla paura della pandemia si passi alla rabbia sociale. Una rabbia che si dimentica del virus, il cosiddetto “nemico invisibile”, e si scagli invece, di volta in volta, contro i nuovi “untori” che possono essere rintracciati nell’ordine: in una potenza straniera colpevole di aver prodotto o esportato il virus; in un’istituzione statale (una regione o una scuola) giudicata incapace di gestire la crisi; in una categoria sociale ritenuta ingiustamente protetta (gli statali); in una comunità ecclesiale responsabile di aver diffuso la malattia. La lista dei colpevoli, dei nuovi capri espiatori, potrebbe essere lunghissima. Ed estremamente pericolosa.
Questa lista di nuovi “untori”, infatti, è drammaticamente amplificata dal nostro mondo così interconnesso e globale ma anche così profondamente ferito e diviso. Il tessuto sociale della società contemporanea è ormai da tempo lacerato e sfibrato. Una lacerazione sempre più visibile che sta progressivamente facendo venir meno il significato profondo di fraternità, comunione e del vivere insieme. Al suo posto sembrano regnare un individualismo esasperato e un pervicace relativismo etico. È da queste due angosciose dimensioni sociali dell’uomo contemporaneo, l’individualismo e il relativismo, che sorge la necessità di trovare nell’altro un “untore” – un colpevole – e non una persona amica, una persona in cui vedere il volto di Cristo.
Compito dei cristiani e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà è rovesciare questa prospettiva. Con zelo, gioia e umiltà abbiamo una grande missione per l’oggi e l’avvenire: rammendare questo mondo lacero. L’individualismo e il relativismo etico sono due false risposte ai grandi problemi odierni. Ciò che serve oggi, invece, è lo sguardo del samaritano e il gesto di amore di chi si china per ricucire ciò che è strappato, per unire ciò che è diviso, per amare ciò che viene odiato. Si tratta di una grandissima missione di carità ed evangelizzazione perché non sappiamo come sarà il mondo dopo la pandemia. E per usare le parole di Alessandro Manzoni “non sempre ciò che viene dopo è progresso”.