di Gualtiero Bassetti
A cento anni dalla nascita di Karol Wojtyla
English: “John Paul II: A Pope called ‘The Great’”
Sono soltanto due i pontefici che hanno avuto l’appellativo di “magno” nella storia della Chiesa: Leone I e Gregorio I.
A queste due grandissime figure del passato, oggi, si può accostare un papa dei nostri tempi: Giovanni Paolo II.
Il Santo Padre Francesco, celebrando a San Pietro la messa in memoria della sua nascita lo scorso 18 maggio, ha detto che cento anni fa “il Signore ha visitato il suo popolo. Ha inviato un uomo, lo ha preparato per fare il vescovo e guidare la Chiesa”. C’è indubbiamente un rapporto intenso tra Karol Wojtyla e la storia del XX secolo: un intreccio di date, incontri, premonizioni e snodi cruciali.
Nel 1977, per esempio, viene tradotto in italiano un libro di Jean Delumeau, con prefazione di Vittorio Messori, dal titolo paradigmatico: Il cristianesimo sta per morire? In quegli anni sembrava che il processo di secolarizzazione fosse irreversibile, la presenza della Chiesa nella società fosse diventata residuale e la crisi interna dell’istituzione ecclesiastica – caratterizzata da una drastica diminuzione delle vocazioni, dagli abbandoni del sacerdozio e dal calo della frequenza della messa – fosse ormai giunta ad una situazione drammatica. A distanza di poco tempo, però, nell’ottobre del 1978, viene eletto Papa l’arcivescovo di Cracovia e la storia prende un’altra strada. Nell’arco di 26 anni quel pontefice venuto da lontano ha cambiato radicalmente il modo di guardare alla Chiesa e al cristianesimo.
La sua elezione inattesa è stata un’autentica irruzione dello Spirito Santo nella vita degli uomini e il suo lungo pontificato ha rappresentato una risposta alla crisi profonda che aveva investito la Chiesa universale. Molti studiosi hanno anche sottolineato il carattere politico di questo pontificato. Papa Wojtyla con le sole armi della fede ha infatti contribuito alla caduta dei regimi comunisti in Europa orientale e in Unione Sovietica. Come Leone Magno e Gregorio Magno, che hanno fermato la violenza distruttrice degli Unni e dei Longobardi, anche Giovanni Paolo II ha sbarrato la strada al comunismo senza spargimento di sangue.
La grandezza di questo papato non è però riassumibile soltanto nella dimensione politica. Una lettura univoca in questo senso rischia, infatti, di fornire solo una visione parziale e ideologica del pontificato di Wojtyla. La grandezza di Giovanni Paolo II risiede, infatti, nell’aver portato la Chiesa nel terzo millennio superando le burrasche della storia, dando una testimonianza eroica del cristianesimo e tracciando la strada del XXI secolo. Il papa polacco, di fatto, ha segnato un passaggio d’epoca.
E tutti i temi toccati nel suo pontificato sono ancora oggi alla base della vita cristiana. Si pensi, per esempio, alla centralità della misericordia che è stata poi sviluppata in modo originale da Francesco, oppure all’importanza dell’uomo redento da Cristo, al rapporto tra scienza e fede e, infine, al tema della pace e dello “spirito di Assisi”.
A cento anni dalla nascita, si può ben dire che Giovanni Paolo II è stato indubbiamente un uomo di Dio, un uomo di preghiera e un grande evangelizzatore. Se volessimo usare un’espressione sintetica potremmo dire che è stato un moderno “apostolo delle genti”. Un apostolo che ha testimoniato la bellezza del Vangelo, valorizzato la cultura della vita e difeso la libertà dei popoli. Non so se tutto questo è sufficiente a definirlo come un Papa Magno. Senza dubbio, però, una riflessione in tal senso è quanto mai opportuna.