L’emergenza sanitaria che ha investito tutto il mondo in questi ultimi mesi, e con la quale ancora molti Paesi stanno facendo i conti, ha costretto le persone a rifugiarsi in casa per aiutare il rallentamento dei contagi.
Come ben sanno le comunità cristiane, anche il loro cuore è stato toccato, perché da una domenica all’altra si sono ritrovate a non poter celebrare più l’eucarestia.
Da questa settimana invece, pur se con diverse restrizioni, l’assemblea ha potuto riunirsi nuovamente per celebrare l’eucarestia. Sarebbe un errore se ora venissero meno le buone prassi che nelle famiglie, così come nella quotidianità di ciascun fedele, sono state adottate finora, visto che si sta tornando nuovamente a celebrare insieme. Perché dico questo?
La lettura che si sta facendo della Sacrosanctum Concilium, dopo averci fatto soffermare – nelle sue prime affermazioni – sul senso teologico della liturgia, arriva quindi a un paragrafo nel quale si parla del rapporto tra liturgia e preghiera personale. Ci sarebbe ancora altro su cui riflettere riguardo ai primi numeri del documento – dovere al quale non ci sottrarremo – ma, vista la situazione che ora le comunità cristiane stanno vivendo, può essere utile ricordare che “la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia” (SC, n. 12).
Lo stesso Gesù ne dà testimonianza: si metteva in cammino verso Gerusalemme per la Pasqua o partecipava alla liturgia sinagogale (cfr. Mc 1,21; Lc 4,15), ma allo stesso tempo riservava del tempo per la preghiera personale (cfr. Mt 26,36; Lc 9,28; 11,1). Sempre il Maestro invitava i suoi alla preghiera costante (Lc 18,1), come san Paolo faceva con i tessalonicesi, invitandoli alla preghiera incessante (1Ts 5,17).
Certamente il vuoto celebrativo vissuto ha fatto sperimentare il desiderio di tornare a celebrare insieme. Al contempo però ha innescato delle dinamiche preziose che hanno fatto riscoprire a molti l’importanza della preghiera personale o della preghiera in famiglia.
Sarebbe davvero un errore non continuare a coltivarle con il pensiero che, ora che “si può tornare a messa”, il resto si può pure tralasciare.
Alcuni cristiani, privati dell’eucarestia, hanno riscoperto il fatto di trovarsi intorno alla mensa benedicendo Dio per la sua provvidenza, hanno ripreso in mano la Bibbia per meditare le Scritture, hanno assaporato il gusto della preghiera dei Salmi con la liturgia delle ore, sono nuovamente tornati ad afferrare il rosario per meditare i misteri della vita di Cristo insieme a Maria, hanno riservato uno spazio della propria casa alla preghiera.
Forse il compito che spetta ora ai Pastori non è solo la ripresa delle celebrazioni con partecipazione di popolo, ma continuare ad accompagnare i fedeli nel prendere consapevolezza che la liturgia e la preghiera personale sono i due polmoni della vita spirituale, e senza uno di essi si continua a respirare con affanno.
Don Francesco Verzini