In tempo di pandemia, la grande assente dalla vita della Chiesa certamente è stata la liturgia, in particolare la celebrazione eucaristica. È per questo che molti sacerdoti per sopperire al vuoto celebrativo si sono prodigati nel trasmettere le proprie celebrazioni tramite social media, pur nella consapevolezza – speriamo – che questa forma supplisce ma non sostituisce.
Il gran dibattito poi suscitato dall’impossibilità per i fedeli di prendere parte alle celebrazioni è stato sintomatico di come la liturgia è centrale nella vita della Chiesa, almeno fintanto che i toni non si sono trasformati e il celebrare è diventato ancora una volta il campo di battaglia su cui l’unica perdente è la celebrazione stessa: svilita nel suo senso, danneggiata nel suo significato.
Rileggiamo cosa insegna il Concilio Vaticano II
È per questo che, con semplicità, vogliamo proporre una lettura – senza pretesa di esaustività – della Costituzione conciliare sulla liturgia, Sacrosanctum Concilium. Questo nella speranza che ad alcuni possa tornare utile per celebrare con maggiore consapevolezza.
Fin dalle sue prima battute il documento conciliare centra il nocciolo della questione: la liturgia è quell’azione della Chiesa con la quale si attua il mistero della redenzione, mediante cui i fedeli vengono uniti a Cristo e in Cristo (SC nn. 1-2).
La liturgia, e in particolare l’eucarestia (n. 2), è memoriale del Mistero pasquale attraverso il quale non solo l’umanità è stata salvata, ma continua nel tempo a essere edificata nel corpo di Cristo che è la Chiesa.
La preghiera dopo la Comunione (post-communio) della XXXV domenica del Tempo ordinario è emblematica: “Guida e sostieni, Signore, con il tuo aiuto, il popolo che hai nutrito con i tuoi sacramenti, perché la redenzione operata da questi misteri trasformi tutta la nostra vita”.
Dunque, se da una parte celebrare significa attuare l’opera della redenzione, dall’altra, proprio attraverso quest’ultima, la nostra vita è trasformata.
Dalla liturgia alla vita
Su questo punto vorrei un attimo soffermarmi.
Nel sentire comune, anche in questi giorni di intenso parlare dell’eucarestia, è sembrato quasi che la celebrazione sia il fine dell’incontro con Cristo. Questo è vero, ma nella misura in cui quell’incontro – permesso anzitutto dalla mensa della Parola e dalla mensa dell’eucarestia – porti frutto nella vita cristiana.
Nei Vangeli notiamo che ogni incontro con Gesù lungo le strade della Giudea, della Galilea o della Samaria, è un incontro che porta alla conversione o al rifiuto. Da qui allora possiamo dire che se la liturgia, ogni celebrazione eucaristica, è incontro reale con Cristo e in essa viviamo l’evento della salvezza, allora reale deve essere la nostra conversione, premessa per l’edificazione della Chiesa nella carità.
Anche in questo momento di “digiuno” che stiamo attraversando, forse può essere utile ricordarci lo stretto legame tra liturgia e vita, al fine di vivere comunque oggi i frutti di quell’incontro che un giorno abbiamo celebrato e che torneremo presto a celebrare.
Don Francesco Verzini