L’avete studiata, la lezioncina dell’ultima Abat jour? Ad onta della scarsezza di luce di questa specie di chiovardo che, settimanalmente, inserisce la spina sulla pagina 3 del nostro settimanale’ l’avete imparata la lezioncina? Bene, bravi, sette più. Ma la lezioncina era propedeutica alla riflessione che ora vado a proporvi.La necessità di dare una portata semantica precisa al ‘si’ cangiante (da passivante a riflessivo diretto, da riflessivo diretto a riflessivo indiretto, da riflessivo indiretto a impersonale) m’è venuta in mente mentre, dicendo messa, pregavo, come sempre, per tutto il mondo e a nome di tutto il mondo, rappresentato per l’occasione dalle ‘quattro vecchiette’ che sono presenti anche quando diluvia e che (vecchietto anch’io) ho imparato ad amare come sorelle, e delle quali non potrei più fare a meno, per tutto l’oro del mondo. ‘Ricordati di tutti i defunti che si affidano alla Tua clemenza’. Eccolo, il ‘si’ malignantis naturae! È impersonale, quel ‘si’? Come dire: ‘Ricordati dei defunti che da queste parti si è soliti affidare alla tua clemenza’. Un’usanza come tante, durante la Fiera dei morti di Pian di Massiano. ‘Male non fa’ diceva il dottore di Costacciaro, anche a noi suoi pazienti di Scheggia, nella notte dei tempi, nell’atto di prescrivere la stessa medicina, sempre la stessa, il Piramidone, a tutti coloro che continuavano a fidarsi di Ippocrate nonostante lui. O è riflessivo, quel ‘si’? ‘Ti raccomandiamo i defunti che affidano se stessi alla tua clemenza’. Ma allora che fine hanno fatto gli amici che sono morti senza affatto raccomandarsi al Dio di tutte le misericordie, che tale rimane anche per loro che in lui non sono riusciti a credere? Massimo Taramelli, generoso medico perugino, che nel suo manifesto funebre, sotto il suo nome, fece scrivere: medico, punto; comunista, punto e a capo. Folco Scavizzi, incorruttibile funzionario del Comune di Gubbio che, nello spasimo dell’ultima malattia, a chi lo assisteva e gli chiedeva se gradiva l’ennesima trasfusione, disse con un filo di voce: ‘Purché ‘n fosse ‘l sangue d’un prete’. Massimo, Folco, nel cuore di una moltitudine infinita di uomini che, pur senza riuscire ad assumere i connotati del Volto santissimo di Gesù, la Grazia di Dio ha raggiunto in quel santuario imperscrutabile che è la coscienza, dove ha preso la forma del Bene assoluto, quel Bene che va perseguito senza ‘se’ e senza ‘ma’, solo perché è il bene, e non perché ce ne venga un qualche vantaggio. E allora quel ‘si’ è passivante. ‘Ricordati di tutti coloro che Ti vengono affidati’. Da chi? Dalla tua Chiesa. Da noi, tua Chiesa, che da Te stiamo imparando quella misericordia che è la massima espressione della Tua onnipotenza. Giorno dopo giorno. Con fatica. Con speranza infinita.
L’importanza della grammatica (2)
AUTORE:
don Angelo M. Fanucci