Le grandi nevicate degli ultimi decenni in Umbria
La recente ondata di freddo che ha imbiancato l’Umbria, anche in zone solitamente non molto nevose, era stata in qualche modo prevista dai fisici. I quali avevano avvertito che, in occasione di inverni miti come quello appena trascorso (durante i quali non si verificano incursioni di aria artica a causa della grande potenza e velocità del vortice polare), è facile attendersi che l’aria fredda, che è stazionata all’interno delle zone artiche, possa scendere di latitudine anche a primavera inoltrata.
Le nevicate di quest’anno
È esattamente quello che è successo per due volte fra la fine di marzo e l’inizio di aprile di quest’anno: fra il 24 e 26 marzo non è stata imbiancata solamente la fascia appenninica – che è quella più sensibile ad eventi di tal genere – ma anche l’Alta Valle tiberina, Perugia, il Trasimeno, la Valle umbra, la zona di Foligno e la Valnerina. Quantità intorno ai 15-20 centimetri, specie in Appennino, ha reso invernale quest’inizio di primavera, come primaverile era stato, praticamente, tutto l’inverno precedente.
Ma non è la prima volta che questo accade. Già il proverbio “neve marzolina, dura da sera a mattina” ci suggerisce che nevicate di marzo non sono poi così rare. E neppure aprile ne è immune. Anche in tempi recenti, l’Umbria ne ha subite diverse.
Quella più consistente, entrata a tutti gli effetti negli annali, è quella che colpì specie l’Umbria orientale fra il 6 e il 9 aprile 2003.
L’estate più calda … dopo la neve a primavera
L’anno che ospitò l’estate più calda della storia fu però teatro dell’incursione fredda più tardiva di sempre. Fu un episodio invernale a tutti gli effetti, con neve sulle coste fra Venezia e Santa Maria di Leuca. L’Umbria ne rimase ai margini ma, nella notte fra il 7 e l’8 aprile, caddero oltre 20 cm di neve lungo la zona appenninica, con successive schiarite che portarono la temperatura a livelli da paura per la stagione: -7,6 °C a Gualdo Tadino, -9 °C a Colfiorito, -12 °C a Castelluccio di Norcia, ma anche -5 °C a Perugia Sant’Egidio e in tutta la Valle umbra e -8 °C a Città di Castello.
Fu un’autentica strage per le piante da frutto e per l’olivicoltura, che ebbe un annus horribilis non solo in Umbria ma anche in Puglia.
10 marzo 2010
La situazione si ripeté qualche tempo dopo, stavolta nella prima decade di marzo, fra il 9 e il 10 marzo 2010. Uun’ondata di gelo tardivo colpì soprattutto l’Emilia-Romagna (Bologna fu letteralmente sepolta di neve), la Toscana (un metro di neve a Siena), le Marche e l’Umbria appenninica. Fu qui che si ebbero le conseguenze peggiori: la mattina del 10 marzo, cominciò a nevicare fra Città di Castello e Norcia, con una nevicata che assunse presto i connotati di bufera specie fra Gualdo Tadino e Fossato di Vico. Qui, in poco più di tre ore, nel tardo pomeriggio del 10, caddero oltre 60 cm di neve, che bloccarono completamente la statale Flaminia.
Gli automobilisti, colti impreparati, rimasero bloccati: decine di autovetture si impantanarono nella neve e furono costretti ad intervenire gli automezzi della Protezione civile, che ospitarono ben 120 persone per la notte dentro il Palasport di Fossato di Vico. Un’odissea. Probabilmente, la bufera più intensa della storia appenninica.
Anche le gelate tardive sono state spesso molto penalizzanti per l’Umbria, come quella che, per tre giorni di seguito, portò le temperature nei fondovalle umbri fra -3 e -5 °C, fra il 20 e il 22 aprile 2017: un’autentica catastrofe ambientale, non solo per l’agricoltura, ma anche per i boschi appena tornati a vegetare, che si seccarono e rimisero le foglie solo a luglio inoltrato. La primavera, dunque – che meteorologicamente parlando comincia il 1° marzo – è una stagione infida, che spesso ci ha riservato brutti scherzi. Mai fidarsi!
Pierluigi Gioia