Il 27 gennaio, data dell’abbattimento da parte dell’esercito russo dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, ricorre la Giornata della memoria, istituita con legge del Parlamento italiano il 20 luglio 2000, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni subite da parte del popolo ebraico e dei deportati politici e militari italiani nei campi nazisti.
Numerose anche in Umbria le iniziative per questa giornata legata ad una data del lontano 1945, e celebrata per non dimenticare la tragedia dell’Olocausto, le leggi razziali imposte dal 1938 dall’allora governo italiano, le deportazioni, la prigionia, la morte; nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti ai progetti di morte, spesso a rischio della propria vita, salvando e proteggendo diverse persone. “La coscienza esce dal buio” è il tema che quest’anno la Regione dell’Umbria ha scelto per una serie d’iniziative rivolte soprattutto alle scuole, che nella giornata di sabato 27 gennaio si svolgeranno nei piccoli e nei grandi Comuni. Di questa ricorrenza, abbiamo parlato con Cesare Moscati, rabbino della comunità ebraica di Roma, intervenuto a Perugia presso il Centro ecumenico San Martino lo scorso 15 gennaio, alla vigilia della giornata dedicata al dialogo ebraico-cristiano.
Si è sentito dire più volte che anche il 27 gennaio stia in qualche modo diventando una consuetudine, perdendo un po’ del suo significato originario. “Intanto è un giorno riconosciuto non solo in Italia ma in tutta Europa ed è di fondamentale importanza. Soprattutto in questo periodo in cui si vanno diffondendo tesi negazioniste, che non solo non riconoscono o diminuiscono l’esistenza della Shoah, ma addirittura, mettono in discussione l’esistenza stessa dello Stato d’Israele. Quindi, aver istituito un’iniziativa dedicata a questo ricordo è un segno rilevante; il fatto che si stia entrando nella routine, dipende dal modo in cui ci si rapporta con questa data… bisogna fare in modo che ciò non avvenga”.
Proprio riguardo a questo rischio, è stato ricordato come fra qualche anno, quando verranno a mancare gli ultimi sopravvissuti dei campi di concentramento, si perderà, soprattutto da parte delle nuove generazioni, il senso di questa memoria. “Questa è una conseguenza quasi naturale, così com’è successo per altre tragedie, non solo presso il popolo d’Israele, ma anche per altre nazioni… C’è da augurarsi, però, che le testimonianze scritte, e anche i filmati, possano mantenere ancora vivo il ricordo di uno sterminio costato la vita a quasi sei milioni di persone”.
È quindi necessario mantenere viva la memoria, il ricordo, attraverso giornate come questa. “Sì, senza dubbio. Intanto, nella tradizione ebraica l’assenza di ricordi è negativa, perchè rappresenta una minaccia alla sopravvivenza del genere umano. Memoria significa ricordare, come c’è scritto nella Torah… e soprattutto non dimenticare. Ognuno di noi – ha concluso il rabbino Moscati – ha il dovere di non cancellare il ricordo legato alla Shoah”.