di Angelo M. Fanucci
Non so chi sia stato a inviarlo alla mia email, con viva preghiera di diffonderlo il più possibile. So solo che quel video mi ha lasciato a lungo a bocca aperta. Un video, girato probabilmente nei primi anni Duemila, che inquadra un nutrito pubblico di over-50 ambosessi che si appresta ad ascoltare un concerto.
Un concerto che in realtà è solo un pretesto. E infatti in sala non è risuonato nemmeno un accordo, ma a un certo momento tutti all’unisono si sono alzati in piedi. Tutti, tranne lui che rimane seduto, sommerso dagli abbracci di tutti, prima sorpreso, poi commosso. Lui è Nicholas Winton, un signore inglese che dimostra molto meno degli anni che ha, e che da oltre cinquant’anni si porta dentro un segreto che pensa nessuno abbia mai condiviso né condividerà con lui. E invece…
Durante la Seconda guerra mondiale il giovane Nicholas Winton lavorava in Cecoslovacchia e assisteva sgomento allo scempio nazista degli ebrei. Assisteva. Ma perché non fare qualcosa, perché non tentare, protetto dalla carta d’identità, di sottrarre al suo destino quel bambino… quello là, Jan, un faccino così dolce, e con gli occhi così tristi? Ci provò e ci riuscì, a trasferirlo in Inghilterra, affidandolo a una famiglia sensibile alla tragedia. E dopo Jan, perché non tentare con Petr, Tomas, Pavel…? Negli anni la lista si allungò, fino a 669. Seicentosessantanove bambini cecoslovacchi sottratti alla morte atroce che un criminale pazzo e onnipotente voleva per loro.
Sottratti e affidati, in Inghilterra, a famiglie accoglienti. Tutto fatto attraverso documenti falsi ma timbrati come credibili. Di ognuno di essi Winton conservava copia auteticata. Finita la guerra, Winton depose un angolo del soffitto di casa il malloppo che documentava i 669 salvataggi, e continuò a vivere e a lavorare come aveva sempre vissuto e lavorato. Ma la moglie Greta, curiosando un giorno nel soffitto a tempo perso, rinvenne il malloppo e lo passò a un giornalista, che organizzò il falso concerto. Falso come concerto, autentico come un “grazie!” impastato di vita.
Oddìo, “falso concerto”! Un’aria sicuramente qualcuno l’ha eseguita, un’aria dolce che, come cassa di risonanza, ha avuto l’universo. Una musica dolcissima, su parole eterne: “Fa’ il bene e scòrdalo!”.
Sottintendendo l’altra faccia della medaglia: “Fa’ il male e pensaci!”.